mercoledì 14 dicembre 2011

Viva i soldi!


In questi giorni di addobbaggio massivo di natalizio spirito, mi sono ricordato di fratello Caravaggio. Il suo volto stropicciato dalla gastrite, come ricorderete, campeggiava sul lato buono delle centomilalire. Dieci anni sono trascorsi da quegli occhi tondi e disincantati, testimoni di passaggi in cassa e acquisti festivi. Senza cambiar d'espressione, il più talentuoso dei pittori si abbandonava in altrui mani – «se vedemio, compare» – lasciandoci in dote altre facce, di ben più basso lignaggio: la materna Montessori, per esempio (lire 1000), o le 5mila del puntuto  Bellini. Non è amarcord, questo. Chissene della lira. Ma visti da qui, quei volti miniaturizzati, non erano, di vile pecunia, semplici testimonial, ma portavoce in filigrana di un legame tra le persone e la carta moneta, tra il lavoro e il denaro prodotto, tra le antiche arti e le progressive sorti. Era l'economia. E le centomila avevano gli occhi di un genio omicida.

L'ingresso nell'era della tecnica – di cui Monti è co-founder – coincise con una innovazione tipografica di carattere nordico: fredda, geometrica, neutrale. Al posto di nasi e zigomi nostrani furono impressi elementi architettonici, stralci di città disegnate intorno a bancomat e piazze affari. L'euro, coi suoi colori da parrucche olandesi, è stato la divisa della cerimonia di commiato dell'economia materiale. Con l'euro abbiamo pagato il funerale di quel sistema gaiardo e spavaldo che pensava di accanirsi sul corpo del lavoro e delle merci. Con l'euro abbiamo creato praterie di denari, eccitato Borse e listini, prodotto ricchezze inenarrabili prima di rantolare nella vertigine dello spread e chiamarla “crisi”.

La risposta a questo capitombolo, ci vengono a dire i men in loden, è il sacrificio. Formula antica, “di prassi”, qui nella sua accezione più infima e umiliante che, con tono millenarista, contempla la salvezza da una fine tanto vaga quanto apocalittica. Il baratro. Buco nero dove tutto diventerebbe indistinguibile. Una sorta di comunismo al contrario. Un inferno in Terra dell'infelicità.

Questo paventano, i governanti, quando ci esortano ad essere austeri nei comportamenti, low cost nei consumi, di basso profilo nell'intender di denaro. Con le orecchie assordate dalle nenie del Censis e gli occhi fissi sulla “cura Ludwig” del default – padri sul lastrico, famiglie indigenti, precari clochard, madri abbandonate, anziani morti da giorni, lavoratori disperati e adolescenti senza timone – ci incamminiamo in fila per due verso il più mesto dei Natali.

Non che la povertà sia un'invenzione. È la più solida della realtà. Ma è la risposta che lor signori da noi pretendono ad essere falsa, tendenziosa e violenta: astenetevi dal denaro. Ché anche quel poco che avete olet, e vi rende peccatori e un po' cafoni. Con Monti Mario a dare l'esempio: «Rinuncio allo stipendio». Poveri fuori, poveri dentro.

Sia mai! Maledire il denaro inibisce i consumi (e inibendo i consumi uccidi la moneta) e dà la stura a chi, come il Vaticano, chiede un'uscita “etica” dalla crisi. Miseri ma belli. Marcellino pane e vino. E supplizio cantando. E no, eh! I soldi non sono lo sterco del diavolo. Questo l'abbiamo imparato vivendo, e organizzando il nostro tempo a inanellare guadagni micragnosi più che a rafforzare posizioni di lavoro (che non c'è).

E dunque, a gran voce, intoniamo in coro agli Abba: «Money, money, money, ah ah, all the things I could do if I had a little money». Noi il denaro non lo temiamo. Siamo bravissimi a spenderlo e a centellinarlo. Nutriamo per lui un rispetto che Goldman e Sachs se lo sognano. Il mercato ne ha tanto, tantissimo. E noi lo vogliamo subito. Lo pretendiamo. Chiamatelo reddito garantito, di cittadinanza, minimo, mensile, collettivo, sociale. Basta che sia regolare, slegato dall'impiego e dagli intermediari, e ciccioso. Un assegno con su scritto: tutti liberi! Liberi di scegliere. Liberi dal non lavoro. Liberi di dire: Viva i soldi!

p.s. «Ok, signor Cappozzo, molto interessante. Ma come si può fare?». Cominciamo col fare una passeggiata qui.

3 commenti:

  1. vado “qui”. curiosa della soluzione. bello.

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  2. Sbagliati i termini del problema, sbagliata la soluzione. Sig. Cappozzo lei è bravo in poesia, un po' meno in economia.
    Viva i soldi.

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    1. Tolga pure quel "po' meno". Di economia non capisco proprio nulla (per tacer della poesia). E non considererei questo un articolo di economia, suvvia. È un corsivo natalizio che poggia abusivamente su un'analisi molto diffusa (che il rigorismo sia la via maestra al suicidio economico - che so, Krugman) e una proposta di welfare che ha non meno di 25 anni (il reddito di cittadinanza).
      Sì, viva i soldi.

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