martedì 15 novembre 2011

L'era del pene pubblico


«Gran parte dei maschi sono talmente orribili che meritano che se ne cavi tutto quanto si può!» (Marilyn Monroe)
Cosa resterà del maschio cresciuto, educato, svezzato ai tempi del berlusconismo? È stato tutto negativo, nella terra dei papi, oppure qualcosa andrebbe salvata? Ora che il capo è caduto, e che stiamo per imboccare il viale della sobrietà forzata, quali tracce restano nella ignominiosa storia maschia? Tutto fango? Nessun fungo?
Con Berlusconi, Sircana, Marrazzo, Mele e compagnia scopando, abbiamo smascherato – come fossimo marziani da poco atterrati – verità antichissime, che solo il nostro calcareo perbenismo ha trattenuto in der petto: ai maschi piace andare con le transessuali, pagare le puttane per farci l’amore, ne pagherebbero tre quattro insieme, o per lenire l’animo ferito parlando, parlando, parlando. Ai maschi piacciono i maschi più anziani e i giovanissimi, al telefono o in auto blu blu blu. Molti maschi hanno una moglie e l’amante. Altri hanno tantissime amanti e una seconda moglie. Alcuni maschi incensano la famiglia e ne vorrebbero sedici. Maschi di destra, fascistissimi, e di sinistra, pieni di filosofia. Maschi prelati e manager. Alti e bassi. Luridi e lindi. Consiglieri comunali e premier.

Dunque, quale novità avrebbe portato, l’esperienza berlusconiana, rispetto ai “decorosi” anni della Prima repubblica? La sessualità maschile - nelle sue varianti: rapace, fragile, violenta e criminale, e appassionata – ha irrotto nel proscenio pubblico, è diventata una questione politica, ha incarnato – come si dice in gergo – i bisogni della gente (il bisogno di godere) e ne ha restituito una rappresentazione. Con Berlusconi non si è denudato solo il re, ma tutta la corte fino alle province, fino alle nostre case, dove almeno una volta a settimana, il priapismo del sire ha fatto da argomento principe. Ne abbiamo approfittato, noi maschietti, per chiederci a che punto siamo? Abbiamo elevato a tema di genere, così come si fa per l’economia e lo sport, la cronaca pornazza di villa San Martino? Il sospetto è che l’occasione non sia stata colta. E che anzi si sia speso molto troppo tempo nell’indignazione, a ricacciar la turpitudine, a esclamare seri «è un’indecenza» e a sghignazzar, con malcelato cameratismo, dell’amore del Cavaliere per il viagra. Spiace dirlo, ma delle lezioni del femminismo tra i maschi – ahimè – nessuna altra notizia. Condividiamo le responsabilità?

Mercenaria è la politica. Di sola merce è composto l’immaginario del potere. Promettere a Nicole mari e monti in cambio di un ambarabaciccicoccò è stata a ben vedere la pratica più “vicendevole” tra quelle cooptatorie che infestano da sempre il Palazzo. Nelle cui viscere si aggirano famelici (di soldini, non di sesso) scherani e bravacci, tarantini e lele more, animo nero di bianco vestito, ad avvelenare le intercettazioni (e le vite altrui) di bassezze e viltà. I piani alti e i sottoscala si tengono insieme nell’inno alla dominazione. Una poltrona, uno stipendio, una gratificazione, una sveltina.

Il maschio post berlusconiano sa di aver fatto i conti con la propria nudità. L’ha vista proiettata, raccontata, eseguita in tutte le lingue e toni. Radiografata e stigmatizzata. Nella misura onnipotente di Berlusconi, o in quella improvvisa, un po’ ridicola e smutandata di Marrazzo, cristiano e di sinistra. A lui, alla sua reazione, dobbiamo forse l’istantanea più fedele del nostro stato di salute. Di certo aggravato dai ricatti polizieschi e da fanghiglia varia, il governatore non riuscì, forse non gli venne manco l’idea, di rivendicare quel suo piacere così antico e frizzante, di consegnare alle telecamere un «embè?» in luogo di tante costernate dichiarazioni. Dimenticandosi, ops, di salutare le sue amanti, che dopo tanto servire e lenire, si sono ritrovate all’inferno (e non è una metafora). Il Cavaliere disarcionato, almeno, all’indomani dell’amplesso, telefonava corteggiava elargiva e riprenotava.

Il maschio post berlusconiano non è poi così distante da quello craxiano, che qualcosa in comune aveva pure con quello sessantottino. È proprio la cultura del Maggio, per mano dei nuovi filosofi francesi, da Focault a Deleuze, che Nietzsche affianca Marx, depurato della “volontà di potenza” ma paladino sinistro della liberazione dionisiaca. E infatti. Palazzo Grazioli è il capolinea miserevole e performativo di questa feconda parabola.

I muri dell’ipocrisia hanno fatto il loro dovere: sono crollati. Il lascito dell’era del biscione è l’assenza di alibi e infingimenti. Quel “maschile” ci ha riguardati e ci riguarda tutti. Tanto da costringerci a costruirne con l’argilla residua un’altra ipotesi. Che più che austera e professorale, vorremmo consapevole, libertaria e libertina.

9 commenti:

  1. “Spiace dirlo, ma delle lezioni del femminismo tra i maschi – ahimè – nessuna altra notizia. Condividiamo le responsabilità?”.
    Fantastico. Sembreresti l'unico maschio con la capacità di autocritica.
    Forse sarebbe ora. Ti ringrazio con tutto il cuore per questo racconto avvincente.

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  2. Mi sembra una posizione un po' laico-paternalistica. Dai tempi dei tempi, non ci sarebbero puttanieri se non ci fossero puttane e viceversa, nessun marito avrebbe l'amante se non ci fossero donne disposte a tenersi uomini part-time. Ne esce un quadro comunque di inferiorità della donna, trattata, con un po' di supponenza e benevola comprensione dagli intellettuali o dalle stesse femministe, alla stregua di una povera cretina inconsapevole costretta dal maschio imperante di turno. La realtà è che invece è emersa tutta una schiera di cortigiane ben conscie che tramite "il centro dell'universo" (la patonza), ognuna regalando il proprio (anzi "la propria") al potente di turno, ne poteva ricavare benefici, privilegi, denaro e quant'altro. Un antico costume affiorato alla supeficie come un reperto archeologico, ma sempre attuale.. Penso che fra uomini e donne non esista differenza alcuna nel bene e nel male, tanto meno nelle furbizie, nelle piccole o grandi disonestà e nelle pulsioni. Sono caratteristiche dell'Uomo e non dei maschi o delle femmine. Credo ancora che tutti abbiano il diritto di avere o non avere amanti, di andare a prostitute e di prostituirsi. La cosa grave è che tali usi privati diventino oggetto di traffici che intralcino o peggio vadano contro l'interesse comune. Ma questo è allora oggetto di indagine più della magistratura e che dei sociologi.

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  3. Non è qui in discussione, Daniele, il "ruolo della donna". Un tema ampiamente dibattuto nei mesi scorsi e che ha visto scendere in piazza migliaia di donne. Qui ho cercato di porre una domanda: ora che siamo usciti dal forzato scontro anti e pro berlusconiani, possiamo ragionare sulla questione che, al netto delle conseguenza particolari (certo, l'interesse comune), vede noi maschi tutti coinvolti?

    Temo che rimuoveremo il problema come "berlusconiano", invece di esplorarlo come merita. Le puttane – l'avanguardia – sanno rivendicare la loro condizione. Noi puttanieri? Sì, no, in che modo?

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  4. Bene. Stona solo la presunta continuità tra il Maggio e il maschio postberlusconiano, una tesi piuttosto giulianoferrariana. Continuo a non capire il nesso tra quella spinta di liberazione e le miserie attuali.

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  5. È una miseria, Michele, anche aver abdicato desideri del maggio per interessi o ambizioni personali. La malafede e la disonestà intellettuale sono miserevoli, spesso. Ma ciò non toglie, credo, il valore delle esperienze.

    Intendo dire che, pure nella estrema miseria e danno provocato dai governo berlusconi, resta agli atti l'irruzione della sessualità maschile nella discussione pubblica. Era mai avvenuto? No, mai. Mai in forma così esplicita e vincolante.

    Per me è un'occasione d'oro, per andare vanti, migliorare, progredire, esplorare, comprendere, eccetera.

    Per usare le tue parole: la miseria attuale come occasione.

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  6. Ci mancava il maschietto "progressista" che vuol farsi bello davanti alle donne, scommetto che Lei è l'unico uomo che si salva, dico bene?

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  7. Anonimo, non sa quanto si rimorchia!
    Io non mi salvo mai. Però un paio di questioni, ogni tanto, mi piace porle.

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  8. "Gente consumata nel farsi dar retta"

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