giovedì 24 novembre 2011

L'occasione degli amici Pd di Marchionne

C'è del Pd in Danimarca. La parolina intorno a cui si concentra il ring democratico è flexsecurity, termine che deve alla patria della Sirenetta la sua fama. Prevede la massima libertà di licenziamento da parte dell'impresa a fronte di un'indennità complementare al 90% dello stipendio, per il primo anno di disoccupazione. Il gruppo sostenitore di questa linea in salsa italiana è guidato da Enzo Bianco, e l'estensore è Pietro Ichino, giuslavorista dal doppio destino: minoritario nel partito di Bersani, vincitore morale nell'esecutivo Monti, che delle idee del senatore si farà garante. Lo ha detto a chiare lettere il premier stesso, nel suo discorso al Senato, intrecciando le lodi alla flexsecurity col riconoscimento del modello Marchionne.

Il nuovo corso ha inoculato linfa negli animi della minoranza liberal del partito, che vede nel governo delle lobby l'occasione storica per realizzare l'agognato blairismo tricolore, e nella sinistra del partito il fumo da diradare. In fondo, quale migliore chance per spostare il Pd a destra se non quella di un governo tecnocratico e un partito commissariato da Napolitano? Veltroni e Morando "il migliorista" lo sanno, e gongolano. I giovani militantiliberal rilanciano con zelo, dalla rivista on line Qualcosa di riformista, la richiesta ai vertici del partito di spedire l'economista Stefano Fassina, bocconiano laburista e braccio economico di Bersani, in Corea del Nord quale viaggio premio.
Qual è la colpa di Fassina? Aver sostenuto «che Ichino propone queste riforme soltanto a titolo esclusivamente personale, questa non è la linea del Pd. Sono solo proposte ideologiche dannose ai fini della crescita, finalizzate a indebolire i sindacati e a ridurre il potere contrattuale dei lavoratori, le retribuzioni e le condizioni di lavoro di padri e figli».
Fassina, che abbiamo sentito al telefono, pur facendo precedere ogni risposta con il mantra «Il partito è unito nel sostegno al nuovo governo», conferma alcune sue storiche convinzioni: «Da questa crisi di esce solo con equità. Ed equità significa far pagare chi non ha mai pagato. A cominciare dagli evasori. Lavoratori e intermittenti hanno già versato lacrime e sangue. Prima di parlare di flessibilità bisognerà evitare in ogni modo di rendere i licenziamenti facili. Come abbiamo discusso nella scorsa assemblea del lavoro (giugno a Genova, ndr) la nostra idea diflexsecurity poggia sul contrasto della precarietà attraverso una riforma del sistema di ammortizzatori sociali e l'eliminazione delle convenienze economiche dei contratti atipici». Comunista, è l'apostrofo d'antan.
A dar man forte alle tesi di Fassina, un altro giovane bersaniano di futura fama, Matteo Orfini, responsabile cultura, che durante il toto ministri aveva puntualizzato: «La nomina di Ichino al dicastero del Lavoro verrà letta dal Pd come una vera e propria provocazione». Efficace, l'intervento di Orfini, stando agli esiti, ma detonante per l'umore dei riformisti. Prima sul quotidiano Europa, poi sulle bacheche di molta Rete, è esploso lo sdegno. «Ricordo ai corti di mente che Ichino – hanno scritto sulla sua pagina Facebook – è gia stato preso di mira dalle Brigate rosse e vive costantemente sotto scorta. Le parole di Fassina e di Orfini, sono benzina sul fuoco. Tarantelli, D'Antona e Biagi furono oggetto di attacchi verbali altrettanto gravi e sappiamo com'è finita». Non pochi gli applausi a questo delirio.
Colpiti nel segno, i “moderati” tirano fuori il peggiore armamentario, di vecchia scuola. Scrive Ivan Scalfarotto sul suo sito: «Isolare Ichino dal partito è stata una mossa veramente vergognosa e male ha fatto lo stato maggiore del partito a non dissociarsi immediatamente e vistosamente dalle inavvertite parole del responsabile cultura». Isolare? L'allusione al terrorismo torna ad essere lo spauracchio dei deboli d'argomento. Come ai tempi di Scajola e di Sacconi. O di Stalin. «La minoranza morandiana – ci dice Orfini – è convinta di aver votato non il governo Monti ma il congresso del Pd. I loro attacchi hanno poco senso perché non hanno consenso».
Sarà. Ma la richiesta di dimissioni di Fassina avanzata da Bianco e soci ha avuto ampia eco. E sdegni poco convinti. A cominciare da quello del segretario. Che avrà dalla sua pure le votazioni per alzata di mano, ma sente in faccia la tramontana del momento: il Pd schiacciato su un governo tecnicamente di destra e con i movimenti inibiti dal guinzaglio dell'emergenza. Sarebbe il caso, come propone qualcuno, di anticipare un congresso, e chiarire una volta per tutte cosa sia questo benedetto coacervo democratico? Oppure ciò a cui assistiamo sono solo le ultime scosse di un corpo senza vita chiamato Pd, concime della nuova destra?

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