lunedì 1 agosto 2011

La versione di Andrea Marcenaro


Una vestaglia bianca con uno squarcio sul lato coscia. Pantofolato. Due, tre paia di occhiali. Un pacchetto di sigarette nella tasca destra. «Vuoi un caffé?». In cucina, una pila di barattoli di marmellata di prugne. In soggiorno, due mappamondi lignei, enormi. In salotto una parete zeppa di foto di famiglia, da un lato. Disegni delle nipotine, dall’altro. Due sedie scomodissime, al centro. Nello studio, un grande computer bianco e una torre di giornali. Fuori, una palma altissima e canuta. «È morta, andrebbe tagliata». È sabato mattina. C’è sole e tutti al mare. Andrea Marcenaro, invece, deve scrivere una nuova “Andrea’s version”, la rubrica per Il Foglio. Deve scrivere quella cosa che in molti considerano un rap quotidiano, un’overture, un’apnea verso la battuta finale, un tonico, un calcio di rigore, un tuffo da mille metri, un lubrificante per la crisi, una barra di cacao, una sigaretta tabacco e miele, un poker d’assi. «Io giocavo molto a carte. Insieme a Erri De Luca e Lanfranco Pace, veri professionisti». Come una tisana, la rubrica di questo genovese di 60 anni e passa depura da tutte le tossine del ben pensare. «Ma non capisco proprio perché vogliate intervistarmi». Si siede come si sarebbe seduto Barney, quello la cui Versione fece scuola: con una lentezza ben scandita. «Cosa posso dirvi di utile?» Nulla. Questa vuole essere, e sarà, un’intervista totalmente non necessaria. Secondo la migliore delle filosofie.
Al best seller di Mordecai Richler (morto 10 anni fa esatti) deve il nome della sua rubrica. E per il “Foglio” quel libro è stato una sorta di manifesto.
La Versione di Barney fu scoperto dai “foglianti” Christian Rocca e Mattia Feltri. Lo fecero conoscere a Giuliano (Ferrara ndr), e lui a me. È una filosofia che tende a smontare i luoghi comuni, a smorzare i totem, e a guardare senza moralismi le cose della vita.
Sì, ma come?
Con l’autoironia, unico antidoto al moralismo. E con il divertimento. Bisogna prendersi relativamente molto sul serio.
Si è mai offeso nessuno per i suoi lazzi?
Una volta Giordano Bruno Guerri pensò che io lo volessi descrivere come un cocainomane. Non fui chiaro. E lui se la prese. In generale quelli che si incazzano lo fanno perché non credono che possano essere citati. Ridono degli altri, ma appena trovano il loro nome ci restano male.
Un lavoro sporco.
È un lavoraccio. Dico sul serio. Trovare tutti i giorni un’idea, una soluzione, la battuta… Però a me la rubrica dà molto. Mi fa sentire nel Foglio, una fantastica piccola comunità con un grande maestro, Giuliano Ferrara.
Un maestro, addirittura?
Sa scovare i talenti, li sa formare. Il suo è un modo di lavorare che difficilmente puoi trovare altrove: pur nelle regole, ti riconosce piena libertà. Lo fa anche con i giovanissimi.
Qui siamo ai limiti del culto.
Macché. Poi in redazione ognuno la pensa come vuole. Basta leggere il giornale e capisci cosa sia il pensiero plurale.
Una cosa di sinistra.
Di sinistra, oggi, sono solo le bugie.
Può approfondire?
Ci sono dei nodi fondamentali che la sinistra non ha ancora sciolto.
Per esempio?
La linea berlingueriana sulle antropologie migliori era una bomba atomica.
Che detto in altri termini...
Insomma, che tra Berlinguer e Craxi fosse meglio Craxi la sinistra l’ha sempre pensato. Ma non ha avuto ancora il coraggio di ammetterlo. Cosa aspetta?
Altre verità nascoste?
Che il referendum sulla scala mobile giocasse solosul mantenimento dello status quo del sindacato. Oppure la questione del garantismo. La sinistra non affronta tali questioni perché ha perso l’orgoglio intellettuale. Si affida ai “sondaggi” come neanche Berlusconi. In cerca estenuante di un consenso numerico. Se continua così la deriva è certa e pericolosa. 
Può un paese andare avanti con una metà di sé che non sa più cosa pensare?
Non che l’altra metà sia prodiga di pensieri.
Ma la destra fa il suo mestiere: è per definizione piena di gente che vorrebbe sfruttare i migranti, tenere basso il costo del lavoro, aggirare le regole. Però, sia chiaro compagni, per anni gli stipendi ce li hanno pagati le “bestie” del triveneto. No, lo dico anche alle anime candide alla Asor Rosa, e a tutti quegli intellettuali che pensano che i soldi cadano dagli alberi: è grazie al lavoro di quelli lì se avete potuto conservare i vostri privilegi.
Mi darebbe una definizione di “garantismo”?
Poggia sul principio cristiano «Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te». Seguire il codice, e modificarlo a seconda delle esigenze che muovono da quel principio.
Eppure ai tempi di Lotta Continua...
Eravamo ipergiustizialisti, certo. È il mio grande rammarico. La più grande cazzata. Rispetto a quello che abbiamo fatto noi, Travaglio e compagnia sono mammole. A noi non serviva mica fare tante ricerche nelle Procure per dire che Andreotti era un mafioso. Il mondo a una visione ti autorizzava a emettere sentenze senza l’ombra di una prova.
Quando avvenne la svolta?
Presi coscienza delle garanzie democratiche, strumenti in mano a tutti, quando i miei amici finirono in galera. Da quel momento non ho più utilizzato alcuna scorciatoia nei confronti di nessuno. Libero e Il Giornale, Feltri e Belpietro continuano a menare. Io no.
Lotta continua. Tutto cominciò...
In Sicilia. Io, Franca (Fossati, intellettuale femminista e sua moglie, ndr.) e Mauro Rostagno arriviamo a Palermo nel marzo 1974, con la parola d’ordine di sciogliere il Movimento Sociale.
Arditi.
E infatti. Guardiamo i numeri e vediamo che il Msi stava al 55%. Subito telefoniamo a Roma: «O ci mandate le truppe o qui non combiniamo nulla».
Cosa combinaste?
Nulla.
Come vi mantenevate?
Io e Franca andavamo a rubare al supermercato. Rubavamo cose piatte così che potessero stare sotto la maglietta. Per mesi abbiamo mangiato solo salmone affumicato.
Mai scoperti?
Il direttore del negozio amava parlare con noi che venivamo dal Nord. Si dava un tono. Si lamentava di quanto rubassero i giovani della zona, del disagio dilagante. E noi ad ascoltare, annuendo, con le tasche piene di roba.
Adriano Sofri era bravo in cosa?
Ad ammansire i cani, anche i più rabbiosi. Gli bastava un gesto, uno sguardo, una carezza. Un talento. Lui è stato un altro grande maestro. Per quella capacità di affrontare le questioni in modo mai scontato, di sistematizzare le idee risolvendo – come si usava dire – le  contraddizioni. La sua è una generosità orgogliosa.
Ferrara, Sofri e un terzo maestro. Chi?
Mio padre.
Giornalista pure lui?
No, imprenditore edile. A Genova. Costruiva case belle e brutte. E mi insegnò un po’ d’ironia e un po’ di onestà.
E voleva che lei diventasse...
Quello che volevo. Però io, pensando di compiacerlo, mi iscrissi a medicina. Feci tutti gli esami. 5 anni.
Poi?
Mi iscrissi a filosofia.
E perché?
Si doveva fare la rivoluzione...
E i medici non servivano?
Ma a me non fregava mica di stare lì a curare i malati...
Già scriveva articoli?
Non pensavo minimamente di fare il giornalista. Credevo che i giornali crescessero sugli alberi.
Oltre a organizzare la rivoluzione?
Andavo forte in macchina.
Motori. E molte donne?
Pochissime. Siamo due fratelli, uno bello e uno brutto. Pietro (senatore Pd, ndr) è quello bello. Il ramo nobile della mia famiglia, quello materno, aveva una casa in campagna, una villa del ‘500, sulla collina parmense. Un sabato ogni quattro andavamo giù in città, a passeggio con nostra madre. Una volta, dei tipi venuti a omaggiarla, le dissero: «Ah, che bei bambini, signora. Pietro è tutto il papà, Andrea tutta la nonna Massimilla». Ora, tu potevi girare ben oltre la provincia parmense, ma un cesso come la nonna Massimilla…
Mentre Pietro...
Era bello, come papà. A lui squillava continuamente il telefono, lo cercavano tutte.
Frustrazioni.
Ma no. Al liceo Colombo di Genova ero compagno dell’attore Andrea Giordana e del campione di pallanuoto Sandro Ghibellini. Due bonazzi molto ricercati. Durante l’intervallo tutta la scuola scendeva in cortile per ammirarli. Io mi intrufolavo e corteggiavo quelle che non ce l’avrebbero mai fatta.
Pietro era bello e...
Noioso. Considera che a 15 anni faceva già cose pallosissime come “Genova Cultura” insieme a Squarzina. Mortale.
Però era impegnato, lui. Lei?
La prima volta che partecipai ad una manifestazione, sbagliai indirizzo.
Cioè?
Finii in un corteo fascista. Ma lo capii solo alla fine, quando qualcuno propose di assaltare una sezione del Pci. Fino a quel momento gli slogan erano gli stessi dei compagni: contro i missili sovietici e l’imperialismo americano. Ci cascai in pieno.
Spero che nessuno lo sia venuto a sapere.
Lo vennero a sapere tutti. Mio padre ci ironizzò su. Dimostrando grande umanità.
Tornando a Lotta continua. Dopo il fallimento siciliano?
Venni a Roma, e non sapendo cosa cazzo fare, cominciai a lavorare nel giornale. Il mio gruppo era lo stesso di Enrico Deaglio e Gad Lerner. Avevamo posizioni molto nette contro il terrorismo.
Come si definiva politicamente, in quegli anni?
(pausa) Comunista. Se mi sentisse Ferrara mi inseguirebbe col forcone: «Cosa c’entravate voi con il comunismo»?
Poi?
Poi andai all’Europeo, uscito malamente da un tentativo di rilancio socialista. Quattro direttori e una sfilza di fiche mai vista.
Con chi si scornava abitualmente?
Con quelli di Repubblica che arrivano ancora oggi con le parole ai limiti delle rivolte no Tav, per poi nascondere le mani.
Spesso, nella sua rubrica, prende di mira Mauro e soci.
Perché sono un partito travestito da giornale.
Tifoso?
Sì, molto, troppo. Della Sampdoria. Siamo andati in B. Una botta senza fine.
Come uscirne?
Nessuno ha avuto la dignità di dare una pedata al presidente Garrone. Sempre dichiarandoci contro la violenza, però dovevamo menarlo. Garrone ha più quattrini di Moratti, e lui ha comprato la Sampdoria non per competere con Mantovani, quello che vinse lo scudetto,
no. Ma per dimostrare che si possono tenere in ordine i conti. Un ragioniere, insomma.
Lei è sposato con una femminista, ed è molto pigro.
Se proprio vuole saperlo, a me piace cucinare, a lei no. A me piace pensare alla casa, a lei no. Io lavo i piatti, lei no.
Nessun litigio?
Tanti, soprattutto su destra/sinistra, ma mai per questioni di genere.
Squilla il telefono, è la moglie. «Dicevo che non ho mai subito il tuo femminismo... Cosa? Ok».
Dice che non è vero.
Al cinema?
Non ci vado da quando hanno vietato di fumare.
Addirittura?
Ho mezzo cuore. Ma non capisco perché dovrei lasciare una compagna dopo 50 anni di amore.
Mai smesso?
Ho smesso di botto per 3 anni. Me lo chiese mio figlio. Il fatto che tutti si meravigliassero – ma come hai fatto? e senza aiuti poi? – soddisfaceva il mio narcisismo. Indossai una maschera calma e tollerante. Se devi inculare gli altri, inculali bene. Cosa che la sinistra non fa.
Perché mai?
Perché non ha orgoglio di sé. E tradisce la propria storia cedendo al travaglismo.
Berlusconi?
L’ho incontrato pochissime volte. Però ricordo che quando stetti male, fu con me una vera delizia.
Un aneddoto.
In terapia era pieno di disabili gravi. Ed erano tutti tifosi del Milan. Chiamai il premier e gli chiesi un aiuto per la partita Milan-Fiorentina. Lui mi fece mandare due pullman, e riservò un’intera fila sugli spalti d’onore. Ero io e 35 handicappati. Che, come saprai, quando vogliono qualcosa, non ascoltano ragioni. Pensano che tutto gli sia dovuto. Delle vere teste di cazzo, come i nani. Ad un certo punto uno di loro mi fa: devo pisciare. Aspetta l’intervallo, gli dico. No, la voglio fare ora. E se la fa sotto. Gli altri lo vedono, e cominciano a fare lo stesso. In pochi secondi dalla tribuna d’onore parte una vera e propria fontana di piscio. Una cosa mai vista. Un gruppo di signore milanesi, già schifate dalla sola presenza dei ragazzi, comincia a lamentarsi per lo spettacolo. Berlusconi, a quel punto, si avvicina loro: se vi dà fastidio, signore, potete anche andarvene.
Demagogo.
Ok, sì. Anche bugiardo. Ma non rapace, come invece lo descrivono.
Lei, Marcenaro, da cosa è preoccupato?
L’altra sera guardavo la tivvù. Ad un certo punto la presentatrice ha detto: buonanotte. E io ho risposto: buonanotte a lei. Ecco. La cosa mi preoccupa.
Barney cosa farebbe a questo punto?
Fermerebbe i giochi e si rifugerebbe nell’ozio. E così vorrei fare io. Il divano, il telecomando e trasmissioni alla Forum.
Sicuro che farà così?
Questa, almeno, sarà la mia versione.

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