Ho smesso di fumare un anno e mezzo fa. Diciotto mesi. Cinquecentoquarantasette giorni, più o meno. Nell'estate del 2001 fumavo molto. Ne accendevo una dopo l'altra. Un chain smoker. Una catena di cicche. La mia fama, tra i polmoni, era pessima.
A Genova, per il G8, ci arrivai una settimana prima, con un paio di amici. Ufficialmente per filmare i preparativi. In realtà era come bivaccare in attesa del concerto. Nello zaino misi due stecche di Emme Esse Maild, ché quelle fumavo.
A Genova fumavamo tutti. Allo stadio Carlini, per strada, nei bar, nelle case, nei campeggi. Col filtro, senza filtro, arrotolate. Light, mild e marja. Io tenevo il pacchetto nella tasca sinistra del gilet. Nella destra il cellulare. E anche durante i momenti più convulsi, tra cariche e fughe, il gesto a cui non rinunciavo era sfilare il pacchetto, estrarre la sigaretta, l'accendino dai pantaloni, accensione. Una boccata, due secondi due di silenzio totale, pace dei sensi, carezza materna sugli occhi... E poi di nuovo cariche, manganelli, urla, sirene, pianti. E poliziotti in borghese dietro un muretto – ricordo ancora – con la cicca in bocca: «Vieni, vieni da questa parte».
Ho letto alcuni estratti dal libro di Marco Imarisio, La Ferita, dedicato a quelle giornate là. Il giornalista del Corsera si chiede come possa essersi volatilizzata un'esperienza politica e sociale sì forte come quella dei no global. Dove tutti si stava vicini vicini – comunisti, disobbedienti, lgbt, pacifisti, individualisti, credenti, creduloni, anarchici e femministe – contro le ingiustizie nel mondo e per assistere (vivere, interpretare, testimoniare, condizionare) la nascita di una generazione che archiviasse il Sessantotto.
Un minuto prima fumavo per l'eccitazione. Un minuto dopo era solo frustrazione. Cambiò anche la posa. Prima si fumava quasi senza badarci. Era uno sfondo alle chiacchiere, alle passeggiate, alle bevute. Poi si chiuse in se stessa. Si fumava seduti – ricordo – con gli occhi fissi sul minuscolo braciere.
Negli anni seguenti raddoppiai la dose. Arrivando a due pacchetti.
Pochi giorni fa il direttore del Censis, Giuseppe Roma, ha dichiarato che negli ultimi 10 anni l'Italia s'è lasciata scappare oltre due milioni di giovani. “Giovani in via d'estinzione”, hanno titolato i giornali. Chi emigrando e chi rinunciando a stare nelle cose.
C'è un collegamento tra questa notizia e Genova, credo. Se fumassi ancora, lo saprei anche descrivere.
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