lunedì 16 maggio 2011

Lo spionaggio partecipativo

Non c'è nulla di difendibile in un autista che guida con i gomiti, avendo le mani impegnate da due cellulari. Fatta questa premessa, valida anche per i tassisti cocainomani e i piloti d'aereo 'mbriachi, credo sia lecito porsi un'altra domanda. Secondo voi è normale accendere un telefonino, avviare la videoregistrazione, riprendere l'illecito, salvarlo e spedirlo a una testata giornalistica che a sua volta lo pubblicherà suscitando tsunami di indignazione?


Sono andato a rivedere lo Statuto dei lavoratori. Penso che quella legge, come la Costituzione, possa fare breccia almeno in coloro che in nome della Carta hanno riempito le piazze:
È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Sì, l'argomento è scivoloso. Ma cosa c'è in ballo qui? Ossia: cosa si oppone al diritto alla privacy del lavoratore sancito dalla legge del 1970? Il diritto all'informazione? Di cosa ci informa quel piano sequenza sull'autista spregiudicato? Che nella vita, e dunque nel lavoro, si può sgarrare? A parte le anime candide, lo sappiamo (e pratichiamo) in molti. Ci vuole comunicare che le aziende dei trasporti non monitorano abbastanza i loro dipendenti? Direi di no, visto che la conseguenza – per ora – non è stata la promessa di maggiore impegno da parte dei dirigenti, ma la sospensione del còlto in castagna.

Credo che la forma di "spionaggio partecipativo" stia tutta dentro la costruzione di un nuovo cittadino. Nuovo nelle forme, antico nei pensieri: l'assenza dello Stato (a cui urge una supplenza), denuncia come partecipazione (un filone che da Grillo arriva ai format "manettari" come Le Iene) e un po' di quell'attitudine patria all'infamata (si rilegga De Amicis).

Ciò che alfine colpisce è lo strumento usato: il cellulare. Nelle mani sia del reporter anonimo che dell'autista incriminato. L'uno – forse – guidato dalla cometa della giustizia o dell'ambizione di una home page, l'altro dalla promessa di un tempo liberato dal lavoro che non ama, che non gli appartiene più.

Entrambi, maneggiando quella protesi tascabile, erano altrove. Con gli occhi immersi in monitor da pochi pollici, una cosa è certa, non stavano più lì. Entrambi altrove, ma senza complicità.

P.s. Ha dichiarato il Pdl Cigolani: «Attualmente la legge prevede che un autista di taxi o autobus possa parlare al cellulare senza incorrere in sanzioni». Ops.

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