sabato 20 febbraio 2010

Il fasciocomunista è tornato

Il “fasciocomunista“ è tornato, e dà appuntamento per l’intervista a mezzanotte in punto. «So’ nottambulo, è ‘na cosa che m’è rimasta addosso dai turni in fabbrica». È tornato, Antonio Pennacchi l’ex missino, servitore del popolo, sessantottino, socialista, comunista, Cgillino, Uillino, operaio all’Alcatel Cavi, dottore in lettere, autore di 9 libri ed eroe cinematografico nell’interpretazione di Elio Germano. È di nuovo qui, il fratello del re dei notisti politici Gianni (da poco scomparso) e della deputata Pd Laura, ed è ancora incazzatissimo. «In questo paese di merda nessun giornale mi fa scrivere. Sono tutti conformisti». Ma intanto, il nuovo libro è in odor di premio Strega e i critici di prestigio lo hanno salutato come «un capolavoro, all’altezza di Manzoni. E grazie al quale capiremo l’Italia del futuro». Canale Mussolini (Mondadori, 20 euro, pp. 464), dal nome del canale “Acque Alte“ che ancora oggi attraversa il territorio di Latina, narra la storia di una famiglia veneta (i Peruzzi di Codigoro) migrati nel Lazio a prender parte all’immane impresa di bonifica. Lo spunto è autobiografico, e le ragioni dell’opera assai chiare: «Bello o brutto che sia, questo è il libro per cui sono venuto al mondo». L’epopea di un territorio e di un popolo, quello veneto pontino, raccontato con tono epico, con citazioni bibliche e con accenni ai giorni nostri. Un lavorone, di ricerca e d’affetti. Per queste e altre cento ragioni converrebbe leggere il romanzo prima di entrare in contatto con Pennacchi il combattente. Per evitare siparietti come questo: «Tu il libro l’hai letto?». No. «E allora de che parlamo?».

È il romanzo per cui è nato, parole sue. Potremmo dunque azzardare un bilancio biografico…
Ma che stai addì? La misura di me so’ i libri. Comunque, vabbè, ormai siamo qui. Dimme…
Cosa significa «la misura di me sono i libri»?
E che te lo devo spiegà? Me pare ‘na cosa ovvia. Il meglio di me lo metto nelle pagine, che posso rileggere cento volte e correggerle. Mentre quello che fai realmente, nella vita di tutti i giorni, lo fai d’impulso, senza ragionacce troppo.
Ci guadagna in spontaneità, però.
Appunto, è peggio. Comunque, dài, annamo avanti.
Perché ha voluto scrivere questo libro, “Canale Mussolini”?
Ma come perché? Perché faccio questo di mestiere, lo scrittore. Le storie girano e io le fermo, e le racconto. Io scrivo solo di storie che ho vissuto o che mi sono state raccontate. Solo storie autentiche.
La storia della sua famiglia, in questo caso.
Sì, ma se nun l’hai letta…
Può fare lo sforzo di venirmi incontro?
Il “Mussolini” è il canale principale da cui inizia tutta la bonifica delle paludi pontine. Nessuno poteva abitarci, era un deserto malarico. Per il risanamento, all’inizio, vennero portate nel Lazio più di tremila famiglie. Dall’Emilia, dall’Umbria e principalmente dal Veneto.
I suoi genitori.
No, solo mia madre. Mio padre era di Perugia.
Una vera e propria migrazione.
Lasciarono le loro terre per fame. Solo per la fame. Altrimenti sarebbero rimasti lì, no? Lo capisci anche tu.
Sì. Storia attuale.
Chiaro. Come l’Eneide e l’Odissea. Parlano di cose che ti riguardano. Ma che te parlo affà? Manco hai letto il libro…
La prego.
Io sono veneto-pontino, ma i veneti stanno ovunque: in America, in Australia, in Asia. Siamo andati ovunque per trovare da mangiare. Come i moldavi e i rumeni. Sono loro oggi ad abitare l’agro pontino.
E c’è chi li prende a calci sui denti…
Perché non impariamo mai un cazzo. A noi, quando arrivammo per la bonifica, i locali ci chiamavano “cispadani”, e noi, gli abitanti dei monti Lepini, “marocchini”.
Vi scontravate?
Facevamo sempre a botte. Era uno scontro etnico, come lo voj definì? Ancora oggi a Latina senti barzellette sui veneti. L’essere umano si deve sempre trovare un nemico.
E il fascismo alimenta se stesso.
Sì, però non te dimenticà che anche il pregiudizio di sinistra de sentisse ‘sto cazzo è fascista tanto quanto.
Certo, anche se…
…ahò, ma dovemo parlà del libro o de politica? No, famme capì. E comunque, chiediti questo: sei ai parioli votano la Melandri e in borgata votano i fasci, ce stà o no qualcosa che non va? Pensi che in Italia il problema della democrazia sia Berlusconi?
No.
Ce vorrebbe ‘na sinistra coi controcazzi.
E come se la immagina una sinistra coi controcazzi?
Concreta. Per le fabbriche e per il nucleare. La sinistra de oggi è contro lo sviluppo, è contro la classe operaia.
Voterà alle regionali?
Sì.
Per chi?
Per la Bonino. A me piace pure la Polverini, ma io seguo il partito.
Ma al di là delle indicazioni di via Nazionale, considera Emma Bonino un politico di sinistra?
Senti. Come hai detto che te chiami?
Cappozzo.
Senti. Io indosso la maglietta della Roma perché so’ della Roma. Così è per la politica. Ho pure votato Veltroni, pensa tu.
Ma la sinistra…
…e basta. Macchèmefrega a me de tutto questo. Come diceva Einstein, la politica è per il presente. Mentre i libri sono per sempre. Parlamo del libro.
Lei è sempre vissuto a Latina. C’è qualcosa in quelle terre che si è perso per sempre?
Oddio che cazzo di domande! Gli eucalipti. Non ci sono più, ora ci sono i kiwi. Ma è sempre la stessa storia. Se leggi Cicerone, anche lui scriveva: non ci sono più le mezze stagioni, le rape non hanno più il sapore di una volta. L’uomo è così. Da giovane pensa di poter cambiare tutto. E poi arriva l’inverno del nostro scontento. L’importante è produrre, è fare. Io ho fatto un sacco di cazzate ma almeno ho sempre lavorato.
Il più grande errore?
Fare il guerriero. Avrei dovuto narrare da subito. Nella prossima vita voglio nascere monaco e tacere.
Tacere?
Sì, qui come parli fai danno. Qui la lotta per il vero è difficilissima.
Qual è il suo momento di grazia?
Quando finisco un libro. Posso pure morì. Ma quando li scrivo c’è il tormento. Vabbè, finimo qui, dài…
Avrei ancora qualche domanda…
A Cappò, i libri bisogna leggerli, prima. Io volevo una recensione.
La faremo in un secondo momento, prometto. Lei ha lavorato in fabbrica per una vita. Si è laureato relativamente tardi, e tardi ha cominciato a scrivere.
Io scrivo da quando c’avevo 7 anni.
Che tipo di storie?
Cose ispirate a Rudyard Kipling. E già sapevo che prima o poi avrei scritto la storia del podere.
Del potere?
Podereeeeeee. A Cappò, maronna mia.
La storia della sua infanzia.
Per i campi qualche ragazzino saltava ancora in aria sulle mine. Canale Mussolini era il fronte dello sbarco degli americani.
Il nome Mussolini cosa le evoca?
Il canale.
Su, intendo Benito.
Il giudizio storico è negativo. Ma è inaccettabile che tu dia una giudizio su un periodo che ha visto anche momenti importanti. Fermo restando ‘o schifo della guerra, della dittatura e delle leggi razziali.
Momenti importanti? A cosa pensa?
Alla base del fascismo di sinistra c’era il marxismo. Pensa alle bonifiche: toglievano le terre ai ricchi per darle ai poveri. Ma quale altro regime di destra ha mai fatto questo?
I politici di oggi?
Ma che cazzo ne so? A me piace solo D’Alema. E Fini.
Lei non ha mai amato Bertinotti…
Porca puttana, non me ne parlare… Non ha mai firmato un accordo sindacale che sia uno.
Di Pietro?
L’Italia è piena di criminali, è vero. È uno schifo. Però pure ‘sti giudici hanno rotto il cazzo.
Crede in Dio?
Ma che cazzo di domande mi fai? Credo nel Dio di Spinoza, nell’unità del mondo.
E crede nell’arte.
Penso che debba insegnare sempre qualcosa. E che la vita dell’uomo sia grandiosa. Obama si è rivelato un presidenticchio perché ha rinunciato ad andare sulle stelle. Io credo nelle umane sorti e progressive. La classe operaia è conoscenza.
La classe operaia?
Sì, la classe operaia. Perché? Che c’è che non va?
Nulla. Mi chiedevo se non fosse un linguaggio vecchio…
Ma cosa cazzo dici? Ma l’automobile su cui viaggi chi la fa? E il tavolo su cui scrivi le tue cazzate? Mi dirai che oggi sono di meno, e fanno meno paura.
Mentre i padroni…
Lascia perde. E poi io non devo parlà de politica. Te dico solo che dobbiamo andà sulle stelle. E in Italia se dovono fà le centrali nucleari.
Vendola?
Vendola?
Lo voterebbe?
No. Sinistra e Libertà ha una visione settaria. Io voto solo D’Alema. Bisogna fare i compromessi. E non volere tutto per non prendere un cazzo.
Un tempo sosteneva di volere tutto e volerlo subito.
Se è per questo negli anni Settanta credevo che la lotta armata fosse giusta. Pensavo di avere il dovere di non subire la violenza inaudita dello Stato. E di insorgere. Oggi no. Non ho il diritto di uccidere.
Però?
Però niente. Ci vuole pazienza. La storia non ha scorciatoie. E poi, con tutta la merda, ma oggi è meglio di ieri. L’uscita deve essere in avanti, non indietro. Me so stufato. Sbrigate a chiude ‘st’ intervista.
So che già si sono mossi per acquistare i diritti cinematografici del libro. Chi vorrebbe a dirigerlo?
Dopo l’esperienza di Mio fratello è figlio unico (diretto da Daniele Luchetti, 2003, e tratto dal libro di Pennacchi Il fasciocomunista, ndr), che com’è noto ho criticato in tutti i modi, che te devo dì? I fratelli Vanzina. Sicuramente so’ mejo de Rulli e Petraglia.
Che pure rispecchiano il gusto di molti italiani.
E sai ‘ndo me lo metto quel gusto? Quelli ragionano per schemi mentali. I fascisti da una parte, i comunisti dall’altra. Non hanno capito un cazzo. Mannaggia alla puttana cosa me fai dì…
Nello scrivere “Canale Mussolini” ha seguito modelli letterari?
Il Mulino del Po di Bacchelli e Il placido Don di Šolochov. Raccontare attraverso la storia di una famiglia la storia delle genti. È quello che è accaduto a noi: guardare all’agro pontino come a una Terra promessa. E lì fondare un popolo, il veneto pontino.
A chi legge i suoi libri, a chi chiede consiglio?
Spesso ma non sempre a mia moglie. In passato quando stavo in fabbrica li leggevo ai miei compagni. La notte. Come Ariosto, che chiedeva agli amici che invitava di segnare a matita i passaggi che non apprezzavano.
Lei racconta un’identità particolare, un territorio circoscritto. L’Italia è un insieme di piccole realtà o pensa ci sia una coscienza nazionale?
L’8 settembre siamo fuggiti tutti insieme. Ai campionati di calcio del 1982 ci siamo abbracciati. Quando all’estero vediamo una targa italiana facciamo i matti. Il Risorgimento c’è stato. Chiaro che l’Italia esiste. Il sentirsi nazione è una cosa positiva, è fare communitas.
Difficile pensare agli italiani come comunità.
Il popolo è diverso dalla classe o da un partito. Non c’è unità ideologica. «La forza dei romani è la divisione in tribù».
Uniti e fratricidi. Lei si sente ancora in lotta?
E credo popo de sì. Me sò incazzato pure a parlà co’ te. Mo’ chissà le cazzate che scriverai.
Quello che ci siamo detti.
Vabbè, basta che parli pure del libro.


pubblicato su Gli Altri

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