C'è del Pd in Danimarca. La parolina intorno a cui si concentra il ring democratico è flexsecurity, termine che deve alla patria della Sirenetta la sua fama. Prevede la massima libertà di licenziamento da parte dell'impresa a fronte di un'indennità complementare al 90% dello stipendio, per il primo anno di disoccupazione. Il gruppo sostenitore di questa linea in salsa italiana è guidato da Enzo Bianco, e l'estensore è Pietro Ichino, giuslavorista dal doppio destino: minoritario nel partito di Bersani, vincitore morale nell'esecutivo Monti, che delle idee del senatore si farà garante. Lo ha detto a chiare lettere il premier stesso, nel suo discorso al Senato, intrecciando le lodi alla flexsecurity col riconoscimento del modello Marchionne.
giovedì 24 novembre 2011
martedì 15 novembre 2011
L'era del pene pubblico
«Gran parte dei maschi sono talmente orribili che meritano che se ne cavi tutto quanto si può!» (Marilyn Monroe)Cosa resterà del maschio cresciuto, educato, svezzato ai tempi del berlusconismo? È stato tutto negativo, nella terra dei papi, oppure qualcosa andrebbe salvata? Ora che il capo è caduto, e che stiamo per imboccare il viale della sobrietà forzata, quali tracce restano nella ignominiosa storia maschia? Tutto fango? Nessun fungo?
Della militanza, dell'indignazione e del divertimento
Cominciamo dagli applausi. Un tempo c'erano quelli "alla bulgara". Ben scanditi, in un crescendo rivoluzionario. Applausi scroscianti, serissimi. Un solfeggio ossessivo verso l'ovazione. Anni dopo, i nostri, assistiamo all'applauso indignato. Silenzioso, meno solenne e senza battiti. Solo mani carosellanti, come i bambini con le filastrocche. Leggeri ma non faceti. Perché di cose i movimenti se ne possono pure inventare – tendopoli, trampoli, sedute yoga, carovane danzanti, cori allegorici – ma da un'altra non possono prescindere: l'impegno. Per uscire dalla crisi, per cambiare lo stato delle cose esistenti, per evitare che la rivoluzione si faccia pranzo di gala (che Mao Tse-tung non avrebbe disdegnato. Era il conto che lo spaventava), va bene satireggiare – talvolta – ma distrarsi mai. Ridere sì, divertirsi no. Etimologicamente parlando, il divertimento volge altrove. Devia dall'obiettivo di rendere il mondo un posto possibile. Per questo a sinistra, nello sforzo di elevarne il significato, di voli pindarici si è fatto incetta: «tempo liberato dal lavoro», «cultura e ricreazione» (Arci), «attività socializzanti», «occasioni ludiche» e altre invenzioni tarate sull'inflazione e i suoi dolori. Qui si soffre e si lotta. Cosa mai c'avrete da divertirvi?
Freddie e Rudy, la più bella storia d'amore degli anni Ottanta
Erano gli anni Ottanta. Con il decennio dell'impossibile alle spalle, si esplorava – e finalmente – la selva del possibile. C'è il sipario della guerra fredda e delle identità indichiarabili, e i lumi del superfluo, a incorniciare la più bella storia d'amore che quelle primavere ricordino. Lui è Farrokh Bulsara detto Freddie, muscoli torniti, scuro di pelle, baffi curati, posa da macho e voce da tenore su corde da baritono. L'altro, più grande di otto anni, è Rudolf Nureyev. Esile di corpo, raffinato nei gusti, levantino nel lusso e danzatore come non ce n'è altrove. È in Spagna che si incontrano la prima volta, durante il ricevimento regale di Juan Carlos e Sofia. C'è una foto. Sono in smoking. «Lei è un ballerino straordinario». «E lei sarebbe dunque Mercury?».
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