Foto didascaliche, disegni tecnici e glossari
nippo-ciociari. Da ogni dove le migliaia di commentatori italiani alle prese
con le insidie pruriginose della cronaca, dopo essersi edotti nei templi web del
sadomaso, possono finalmente
esclamare con compiaciuta sicumera e altrettanto sdegno: «Bondage!». Una parte dirà bondasc, che fa più marchese De Sade, l’altra azzeccherà la
pronuncia anglofona. Ma il sottinteso è lo stesso: che perversione, che
aberrazione. Che modo ripugnante di vivere la sessualità! Eppure, pur
ignorandone tradizione e tecniche, dolori e piaceri, l’arte della legatura,
dell’incappuccio, del bavaglio o più in generale dell'impedimento alla libertà
fisica, di muoversi, di vedere, di parlare, di sentire, potrebbe essere letta, dopo la poesia e la
navigazione, come uno dei tratti più marcati della storia italica. Una
metafora capillare di una patria che schiava
di Roma Iddio la creò. Di un’Italia, non a caso, a forma di stivale. Di
lattice. Tacco 12.
Cresciuti nel coro di “voci imbavagliate”, “politici dalle
mani legate”, “economie soffocate”, “riprese asfittiche” e “categorie
strangolate”, abbiamo trasformato le buone parole – lavoro, diritti, progresso
–in feticci da adorare, e concesso a Palazzi e prelati il privilegio di essere maestri universali, con corde, manette,
lavande per i piedi e cilici ben collaudati. E poche figure rispecchiano la
cultura bondage quanto quelle dei
notabili incappucciati per devozione massonica.
Ora, la politica ha adottato
l’arte dei nodi per vicende più innocue, se non addirittura nobili. Nel maggio
1978 Emma Bonino apparve imbavagliata, insieme a Pannella, in una tribuna televisiva
per denunciare la censura Rai. Per la prima volta il corpo shibari (e per giunta libertario-socialista-riformista-pacifista)
irrompeva sulla scena, consegnando ai militanti radicali la palma dei più
“perversi”. Fama che verrà confermata dalle candidature a venire (Cicciolina e
Toni Negri su tutte) e dall’umiliazione del corpo affamato. Ma la virtù di
Pannella e soci era ed è una qual certa possibilità di manovra. Un piccolo
partito in grado di divincolarsi dai lacci delle alleanze. Come la Lega Nord di
Bossi, che non a caso Guzzanti Corrado parodiava trattenuto da una camicia di
forza. Formazioni agili e asciutte se paragonate a quelle sovrappeso ed
elefantiache dell’allora Partito comunista, incatenato
a doppia mandata alle sorti dell’Unione sovietica, o all’altro di medesima
stazza, la Dc, imbrigliata dalle
sapienti mani del Conclave.
Era il 1986, e Asor Rosa
scriveva: «Il Pci è pesante e lento, e immobilizzato
tra chi cerca soluzioni riformistiche e chi progetta lafuoriuscita dal
capitalismo e dalla Nato». E dieci anni dopo, sempre a sinistra, Bertinotti
avvertiva: «La Cgil è diventata subalterna a coloro che hanno imposto sacrifici
ai lavoratori. Con la “concertazione” il sindacato si è legato mani e piedi». Quanto masochismo, signori miei. Governo
Andreotti paralizzato, l’iniziativa
socialista atrofizzata, riformatori incatenati dagli estremisti,
imprenditori schiacciati dal
consociativismo. E così, a ciclo continuo. Fino ad aprire le porte della scena
sadomaso a nuove schiavitù. Il Sud, aggiogato
dal taglio indiscriminato delle finanze ordinarie. I precari, che rischiano di
venire soffocati dalla mancanza di
proposte. I riformisti, che si devono guardare da una sinistra radicale avvezza
a tirare troppo la corda. La società
civile, umiliata dalla criminalità
organizzata, e le piccole imprese, calpestate
dalla globalizzazione senza limiti. E per finire, l’informazione, la slave che più si presta ad essere imbrigliata dal suo padrone. (frasi
rubate da dichiarazioni di politici vari, da Bettino Craxi a Rosi Bindi, da
Nichi Vendola a Marco Follini).
Ci fu un tempo, quello di Mani
pulite, in cui l’accessorio principe del bdsm,
le manette, col suo tintinnàr piegò l’intera classe politica al rango di sub. Braccia dietro le spalle e capo
chino su colpe vere o presunte. Anche per questa overdose di punizioni le elezioni del ’94, quelle
della “rinascita” dei moderati, videro un uso indiscriminato della tortura più
lieve nella prolifica famiglia sadomaso: il tickling,
il solletico, adorabile supplizio. «Il Ccd contro di noi? Ci fa solo un gran
bel solletico», disse Bossi. «Lo sciopero dei giornalisti? Puro solletico
pergli editori», Feltri, sottintendendone il piacere. E poi, di tutti il più
esperto, quel Berlusconi che in fatto di dominazione potrebbe vivere di
rendita: «La spazzatura e le calunnie non mi fanno neppure il solletico…».
L’arte di annodare il destino di
un Paese, rendendolo immobile, incaprettato e muto. Accadde in forma
emblematica e tragica con Aldo Moro. Legato da una corda tirata con pari
fermezza dai giudici del popolo e dagli amici di partito. Una “mossa della
bilancia”, tutta giocata sul filo del limite e senza una cesoia a portata di
mano che scongiurasse l’esito tanto prevedibile quanto aberrante, inutile e
irreversibile della morte. E lasciasse il Paese solo ed attorcigliato dal suo stesso immobilismo.
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