Perché Aldo Busi è un anarchico individualista dotato di una straordinaria morale provvisoria. Ha dimostrato due cose banalissime: l’irredimibile ignoranza dei concorrenti e il destino negato dei dirigenti Rai ad essere qualcosa di diverso da quello per cui sono stati programmati. Sacerdoti. A differenza di Vladimir Luxuria, che con la sua vittoria ha mosso il pubblico di qualche metro in avanti, Busi ha poggiato uno specchio a favore di camera costringendo l’audience a rimirare il proprio nulla. Ha fatto il suo mestiere, quello di scrittore. Nulla di più, nulla di meno.
Ma a metter troppe parole si rischia di irritare l’«Io sono l’alfa e l’omega» di coloro che sono, erano e saranno (a viale Mazzini). E Busi, il geniale autore di Cazzi e canguri (pochissimi i canguri) e quintessenza dell’anticlericalismo, non poteva non saperlo e, sapendolo, non poteva non praticarlo. Come Adamo, Aldo è stato cacciato dal paradiso (digitale) terrestre. O meglio, e ha ragione Giancarlo Magalli, pastore della tivvù pubblica: «Busi non è stato cacciato dalla televisione, è stato cacciato dalla Rai». Acutissimo, Magalli. Ha capito il tranello in cui è caduto il sinodo del canone. La figura di un covo di immorali-moralisti che dopo aver divorato il corpo non più giovane dello scrittore omosessuale ne sputano gli ossi con far di schifo. Ignari di come ciò che consideravano pietanza altro non è che il verme solitario spedito da satana per liquidare la silhouette esanime della tivvù di dio.
Sì, Mediaset. La televisionaccia, quella affetta da velinismo e nel cui statuto non figura la missione “educatrice”; quella del mercato e del cinismo aziendale. Il mayflower con cui i padri pellegrini salparono per altri palinsesti, sotto la guida di un tappo carismatico. La televisione del diavolo, per l’appunto, ingaggiò 6 anni fa, nel 2004, Aldo Busi, per la trasmissione Amici, in qualità di “insegnante di cultura generale e comportamento”. Compiaciuta dell’azzardo, Maria De Filippi volle concedere ai detrattori una chance, “nobilitando” il suo teatrino con la presenza dell’istrione bresciano e le lezioni sui classici. Il tentativo alfine fallito di ripetere le gesta di Bernard Pivot (il conduttore francese di Apostrophe, format modello della cultura in tv) o dell’italiano Luigi Silori (alfabetizzatore nazionale con L’approdo - anni Sessanta – e altre trasmissioni) ebbe tuttavia straordinari effetti. Basti questo post lasciato da Valentina (23 anni) su uno dei tanti forum di Amici libri: «Busi è un grande, nn cè ke dire, è magnifico x tt ciò ke ha fatto, fa, ha detto e dice… è capace di rendermi trankuilla quando leggo». De Filippi e gli altri angeli caduti trattarono Busi per quello che è: un intellettuale. E a lui chiesero di divulgare le prodezze del libro. I ragazzi della “scuola”, considerati altrove alla stregua di appestati, seguivano abbacinati il corpo sregolato del racconto. Come Pasolini, come Dante. Anche loro sedotti dalla corporeità. E dalla sua immagine (e somiglianza). In quell’ora incastrata a forza tra balletti e reclame, si faceva – non letteratura – cultura.
Che di telegenia fosse dotato, Aldo Busi ne aveva già dato prova nello show di un altro satanasso: Maurizio Costanzo. Nel 1996, in una puntata dei memorabili Uno contro tutti, lo scrittore informò il pubblico dell’acqua calda: gli ormoni dei 14enni. Espresse teorie scambiate dal Moige per proclami pedofili nella casa del diavolo, entusiasmando un’ampia fetta di pubblico e scatenando gli strali di, indovina chi? Le reazioni più indignate vennero dai cardinali d’Oltretevere (inteso come Prati, quartier generale Rai). La tivvù di dio, anche in quell’occasione, si spese in prediche non richieste. Per poi, anni dopo, a corto di anime da divorare, alzare la cornetta e chiamare l’ultimo libertino. Questo, mentre in altre stanze si procedeva alla scomunica di Giuseppe Bigazzi, reo di aver riesumato dagli studi de La prova del cuoco l’antica ricetta toscana del gatto ammollato. Ricetta che in tempi di guerra salvò la pelle di molti cristi (e anche di molti preti).
Ma alla tivvù di dio non interessa la vita(lità). È agli atti. E la tivvù del diavolo, dopo aver brindato alla perfetta “performance” del “suo” maître à penser sull’Isola – aver spento, con il suo abbandono critico, una delle trasmissioni di punta del concorrente -, altro non farà che concentrarsi sui suoi noiosissimi numeri. Per questo Aldo Busi, tra il paradiso e l’inferno (scegliete voi come e dove collocarli), ha chiaramente detto di «voler tornare nel proprio limbo». Nella sua rassegnata e decadente malinconia. Paraculissimo Busi.
pubblicato su Gli Altri
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