venerdì 29 ottobre 2010

Linciando Melissa

Comunica l’intenzione di scrivere un nuovo libro – operazione tra le più consuete, oggigiorno – e al cielo s’alza un coro di latrati. Esce l’agenzia di lancio, e scocca l’ora delle préfiche, cupe e lagnanti. Rilascia interviste, e tutti in fila a divorare e sputare le sue risposte. Una volta pubblicata, l’opera viene sezionata come un rospo putrido, da esporre tra gli schifi della natura. Questo è il trattamento riservato da buona parte del circolopìquic a Melissa P(anarello), autrice di Tre (Einaudi, pp. 172, 16 euro), già best seller con i Cento colpi di spazzola (tradotto in 42 lingue, tre milioni di copie vendute – «merito del marketing», dice qualche genio con un manoscritto in tasca), e appestata numero uno dei cataloghi letterari italiani. Il termine più appropriato per definire tale operazione è: linciaggio. Che nulla ha a che fare con lo stile, la fantasia, la prosa, la poetica, l’immaginazione che nel libro si possono eventualmente scorgere. L’indignazione che muove tanta parte dei lettori professionisti è pre-letteraria. Non si curano del peccato. Ciò che interessa è la peccatrice. La donna col volto da ragazzina che viene dall’Etna, che scrive (anche) di sesso, che fa sesso, che lo racconta in tivvù, lassù, quaggiù e vende di più. Tiè.


A nessun altro è concessa tanta ira. Con Melissa i “grandi autori” inviperiti sono. Spiegano poco del contenuto dei suoi libri – ché con la cattiveria in bocca si parla male – ma rivelano il mistero che avvelena le loro viscere: Panarello mina la stabilità stessa del maschio apocalittico. Che non può accettare la trinità sesso-libertà-pensiero in un sol corpo di donna. «O mi seduci o mi appartieni o mi metti in ascolto». Atti da tenere distinti. E invece Melissa P li sovrappone, li mischia, li tradisce. Provocando un rigurgito ancestrale: il diritto antichissimo all’umiliazione.

Panarello, che legge i tarocchi (lo fa per professione) e raccoglie erbe magiche (così dice) sul colle Oppio, è una strega, e tale sarà fino a quando le pulsioni dei linciatori, «dall’oscurità in cui sono costrette, non assurgeranno alla chiarezza della conoscenza» (Brian Levack, Caccia alle streghe, Laterza 2006). Fino a quando, cioè, dei propri corpi costoro non disporranno liberamente.

Strega dalla risata stridula. Che loliteggia ed edoneggia. Che scopa più dei suoi (re)censori. Che si rivolge a Ruini (In nome dell’amore, Fazi 2006), parlando alle quindicenni. Senza curarsi di te, sacerdote delle lettere, incupito e rosicone. Puoi spararle addosso tutto l’odio del mondo, lei ti restituirà l’impressione di non esserne sfiorata. Strega che zompetta qua e là.

Leggete la sinossi del libro secondo il sito malvestite.net: «Allora, i cazzi che penetrano ci sono, le lingue che frugano ci sono, i sessi che pulsano (e pompano e si uniscono religiosamente) ci sono, i gemiti furiosi e i respiri impudichi e i capezzoli in tiro ci sono, che altro?». Triviale e gratuito. Che dà la stura ai commenti che seguono: «Meglio guardarsi un porno che leggere ’sta stronza» (Tea). Nulla a che vedere con l’oscenità letterale (obscena, fuori dalla scena del salottino) che Melissa P interpreta. (Va ripetuto: al di là del giudizio positivo o senz’appello che si può dare alla sua scrittura).

«Le sue imbecillità sociologico-culturali stanno continuando ad assassinare la vera cultura e quei rari modelli sociali di riferimento per una società sana» (Pasquale della Torca, Affaritaliani.it), laddove per coerenza, e per garantire sanità, bisognerebbe sorvegliare e punire: «Da chi è sostenuta questa pseudo scrittrice? Mi piacerebbe che una volta tanto i libri-porcherie venissero stroncati selvaggiamente come meritano» (Elvio, sul blog di Paolo Di Stefano, Corriere.it). «Le sue sono solo triangolazioni da sciampista provinciale» (Hagakure, blog su Corriere.it).

Lo scrittore Fabio Viola, su Facebook, afferma: «Melissa P non è una scrittrice». È una cosa scontata? «Sì. Lo è». Indubitabile, è ovvio, naturale come l’acqua, se semo capiti.

Melissa come carta carbone delle identità altrui. Perché se un libro di Melissa «è da evitare. A prescindere» (Laura Costantini, Rai), il mio è da leggere, a prescindere. E se «’sta poveraccia s’è dovuta mettere il reggicalze per promuovere il romanzo» (Francesca Galpani, promoter editoriale), da oggi impariamo che nelle lettere pop ci vuole decoro.

Nella temperie ci si confonde. Il poeta Gian Ruggero Manzoni lamenta: «Il romanzo lesbo (che lesbo non è, ndr) di Melissa P, è ahimè editato dall’alto marchio che fu: Einaudi». «Ma la figa tira», replica qualcuno. «E i profitti non serviranno neanche a pagare la letteratura di qualità che facciamo noi», chiosa Manzoni. Dibattiti ad alta quota, definizioni ficcanti. Come quelle tracciate dai critici Angelica Gherardi e Morgan Palmas: «Melissa è un fenomeno “attizzacazzi”, altro che letteratura erotica». «Non come l’autrice di A cena con Lolita Eva Clesis – scrive Giovanni Choukhadarian su Nazione Indiana – che è una ragazza sul serio, una che ha collaborato a riviste importanti…». Una “ragazza sul serio”. Avrà mica fatto pure il militare?

«Una sequela di frasi che sembrano copiate da un traduttore on line, una faccina bellina e pulita che finge di raccontare perversioni e sesso» (dal blog di Melissa P). Finge, la strega. E illude. «Di lei si conoscono il nuovo libro e le sue tette: pare apprezzabilissime per uso mediatico» (Silvio Andrei, su lelibrettedicontrore.it). Come se i media non prevedessero spettatori, e tra gli spettatori non si annidassero (anche) gli utenti di Anobii, il portale dei bibliofili, depositario di commenti come questo: «Suggerirei a Melissa di affondare quella spazzola con qualche colpo in meno ma più efficace».

Trasfigurare, la si vorrebbe. Cambiarle il volto. Cancellare quei tratti da bambina provocatrice. Un physique fuori ruolo, che in tanti, non potendo altrimenti, vorrebbero omaggiare così: «Con lei c’è una sola cosa da fare. La prendi. La metti a novanta appoggiata ad un tavolo. Poi prendi Lolita di Nabokov. Strappi le pagine. Gliele infili una per una nel culo. Dopo un po’, per osmosi, qualcosa assimila per forza». L’infelicissima frase è dello scrittore Nicola Lagioia, come ci raccontò Melissa in una passata conversazione. Si narra anche di un celebre “cannibale”, il quale dichiarò che con Panarello avrebbe scritto volentieri un libro a quattro mani, di cui solo due impegnate nella scrittura. In rima baciata con l’ispirata sintesi della poetessa Antonella Taravella: «che schifo, ’sta ragazzetta».

Il punto è proprio questo: i linciatori – sebbene condividano lo stesso spazio virtuale degli internauti con l’hobby dell’insulto (in rete l’odio lo si trova tanto al chilo) – sono sedicenti “autorevoli scrittori”.

Melissa la lupa, l’insetto, il serpente. «Donne come lei – si legge sul blog letterario Sul Romanzo – sono la rovina del genere maschile. Sono fatte tutte dello stesso stampo. Credono di poter giocare con la vita degli altri». Qui il tono si fa quasi privato, rancoroso, da singolar tenzone. «Con quel visetto tanto bellino e pulito – scrive una lettrice sul suo blog – che si inventa perversioni, ti arroghi il diritto di essere portavoce del sesso».

Se solo sapesse quanta fatica costi scrivere ovunque senza incidere minimamente (si veda il recente dibattito avviato dallo scrittore Christian Raimo sul Domenicale a proposito di “Vogliamo più visibilità”). Per molti firmaioli, il posto al sole implica la messa in ombra di ciò che non riflette la loro luce. E in questa gara agli ultravioletti si conservano potere e pudore. Perché in fondo hic manebimus optime, fino a quando ci sarà una Melissa da linciare.

Post scriptum per un futuro di pace: «Nel medioevo – ricorda lo storico Jules Michelet – la gente di ogni condizione consultava la Saggia Donna. Se non guariva la insultavano, le dicevano strega. […] A lei dunque capitava quello che ancora accade alla sua pianta prediletta, la Belladonna. Il passante ignaro maledice queste erbe grigie senza conoscerle. Arretra, passa alla larga. Eppure sono “consolanti”, ché se amministrate con discrezione guariscono da tanti dolori, calmano da tanti mali».

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