Non è mai andata bene, Irene Pivetti. Da quando ha esordito, ogni sua scelta è stata accompagnata dalle voci bianche dell’indignazione, sempre pronte – lì – a stigmatizzare abito e monaco. Quando nel 1994 fu eletta a soli 31 anni presidente della Camera (e diamine, cosa volete di più? giovane e donna), editorialisti di rango come Michele Serra scrissero: «La devota Irene Pivetti è la prova vivente dell’esistenza dei miracoli: nessuno può spiegare razionalmente come poté diventare la terza carica dello Stato». Identico tenore quando, alcuni mesi dopo, si trovò suo malgrado nella tormenta post ribaltone. Gianfranco Fini (come cambiano i tempi) la incalzò a più riprese, «dimettiti, non puoi criticare Forza Italia», con allusioni poco velate su una presunta ignoranza istituzionale (data la giovane età della donna, anche qui). E ancora: all’inizio – se vestiva orribili completi a quadri e teneva le mani giunte – era la “pia Irene”. Poi, vestiti più moderni e acconciatura vaporizzata, «ha finalmente conquistato una mascolinità femminea» (Ida Magli. Magari non è un insulto ma suona tanto male). Si sposa con Alberto Brambilla, 10 anni più giovane, e il Transatlantico si trasforma nella bocciofila della morale. «Non è bene, non è bene». E ora che Alberto l’ha lasciata gli stessi giornali di allora titolano: «La fine di una favola». Cacciata dalla Lega («Ha tradito», pronunciato in padano stretto), presiede l’Udeur di Mastella («È l’amante di Clemente») e infine abbandona la politica («Sì, però continua ad avere ufficio e servizi pagati con i soldi pubblici»). Entra in tivvù, si taglia i capelli cortissimi, indossa vestiti sempre più sexy fino a trasformarsi in catwoman e il commento è unanime: «questa è impazzita». Poi però lei appare serena e divertita dalle sue continue avventure e allora – finalmente – la giuria popolare tace. Commette un solo vistoso errore: la partecipazione a Ballando sotto le stelle. Danzare male sta agli occhi come il violino di un principiante agli orecchi.
Poi c’è l’ultimissima notizia. La mancata nomina ad assessore a Reggio Calabria. Avrebbe dovuto promuovere l’immagine della città. Questa volta cos’è che non andava?C’è stata una forte levata di scudi contro il sindaco Giuseppe Raffa da parte del Pdl. Non vogliono assessori non nati a Reggio. Solo politici autoctoni.
domenica 19 settembre 2010
giovedì 9 settembre 2010
Sei il nostro Joe Strummer e in tuo nome spakkeremo tutto
Lanciando l’ultimo album di Fabri Fibra, Controcultura, l'editrice Universal ha impugnato la penna e dichiarato: noi prendiamo le distanze da quanto contenuto in questo disco. Tanta premura per qualche battuta da gossip e un passaggio, censurato, sulla «paura di prendersi l’Aids». Avete presente i Truceklan da Centocelle. Cercateli su youtube, ascoltate “Roma violenta”. Attaccano il brano rammaricandosi di non vivere più nella Magliana della banda, quando ci si «ispirava ai gangster degli anni ‘30». Truci seri, i Truceklan.
Iscriviti a:
Post (Atom)