Roma, 15 agosto 2020
Caro amico,
accade proprio nelle giornate come questa, storditi dall’afa e dall’amaca, di incartare la mente con la regina delle domande: cosa è successo quella notte di dieci anni fa? Nessuno può esonerarsi dal rispondere. C’eravamo tutti. E tutti desideravamo qualcosa. Chi la sua morte, chi la sua rinascita. Qualcuno pregava, altri cantavano. Altri ancora, come noi, immaginavano il dopo (più per esorcizzare il dramma che perché ne fossimo capaci). Dentro le case, nelle parrocchie, in piazza, nei centri commerciali, l’intero paese fingeva di lavorare, divertirsi e consumare al basso continuo dell’angoscia. Qualcuno paragonò l’atmosfera di quegli anni al clima che emanò dal rapimento Moro. Ma stavolta non c’era fermezza, non c’era tattica di sorta, non c’era neanche lo Stato. Unica cosa in comune con quell’evento – lo scriverà Galli della Loggia due anni dopo – «è il salto di qualità, la potenza del gesto. Sebbene non siano le Br a lanciare l’offensiva, ma Dio in persona».
Se solo si potesse trattare con qualcuno!, ci rammaricavamo. E scambiare al mercato nero del fato la felice soluzione con, che so, un fiume. O un intero consiglio d’amministrazione. O una squadra di calcio di serie A. Interrompete questo strazio e noi vi regaliamo la Lazio. Ridevamo di noi stessi. Della nostra maniera tutta infantile di relazionarci all’avvenimento che avrebbe cambiato le nostre vite.