giovedì 7 ottobre 2010

Diritto, rovescio, sotto rete. Ecco Anna Paola Concia

L’appuntamento è alle 19 in piazza Montecitorio. Meno cinque, quattro, tre, due, uno. La deputata che vien da Avezzano conquista la linea del traguardo spaccando il secondo. Una veloce ricognizione dello spazio circostante per individuare il cronista, e salutarlo con una tenuta fisica che consenta di compiere il gesto senza: 1. interrompere la telefonata, 2. far cadere la risma di documenti, 3. perdere il borsone sulla spalla. Comincia a piovere. Con due salti dorsali e un rapido allungo guadagna l’entrata del palazzo. Piroetta tra i tornelli e con movimento ciclico raggiunge il bancomat degli onorevoli. Ruotando di 180 gradi l’asse coxo-femorale digita il pin senza dare le spalle a chi le parla. Quattro falcate verso l’uscita. Con un’escursione articolare oltre il possibile, verifica l’atmosfera. Non piove più. Potenzia la rullata plantare fino ad avviare uno stacco che la condurrà dopo meno di 11 secondi al tavolo in fòrmica di un happy hour. Qui plana e ordina: «Per me uno spritz, grazie».
La presente è Anna Paola Concia, democratica, tra le più attive in tema di diritti civili, amica e collaboratrice de Gli Altri, futura sposa di Ricarda, amica giurata di Flavia Perina, già intima di Paola Binetti e ospite fissa dei palinsesti nazional popolari. Ma cresciuta – soprattutto e innanzitutto - sotto la stella meno luminosa del firmamento socialista italiano: lo sport. Non parliamo di tifo della domenica, né fitness. Ma agonismo puro. Qui raccontiamo di una donna che all’inizio degli anni Ottanta si presentava nelle sezioni del partito in cui militava, il Piccì, dopo ore passate tra dritto e rovescio, di tuta vestita. Fatto straordinario, considerata l’avversione dei compagni per ogni esercizio fisico che non fosse l’attacchinaggio. Istruttrice di tennis e campionessa del rovescio, anche oggi che ai tergisudore preferisce elegantissimi spezzati, Anna Paola Concia conserva una tenacia da 6-0, 6-0, 6-0.
De Coubertin o tutti gli altri?
Tutti gli altri. Io gareggiavo per vincere, mica per partecipare. Volevo sempre arrivare prima.
Però?
Vincere lealmente. Non ho mai cercato di imbrogliare, e di conseguenza non ho mai sopportato gli scorretti. Io volevo – voglio – vincere perché sono la più brava.
La “compagna con la tuta”.
Sì, ero vista così, come una contraddizione. Non sarà l’unica della mia vita (ride. Concia accompagna la maggior parte delle sue risposte con un atto in tre movimenti: esposizione, risata breve, raccoglimento a capo chino). 
Precoce?
A 3 anni mio padre mi regalò i pattini a rotelle. Con le ruote di legno, pesantissime. A 6 anni iniziai a sciare sui monti abruzzesi, vicino casa. Ricordo che prendevo lezione da un alpino che ti assomiglia. Aveva la barba come la tua. Io invece ero magrissima, e andavo in giro con questi sci che pesavano una tonnellata.
Famiglia di sportivi?
No. Il motivo vero è che i miei genitori spinsero me e i miei tre fratelli a fare sport ché erano terrorizzati dalla droga. Io ero molto portata, forse più degli altri. Avevo l’argento vivo, non stavo mai ferma. 
Qual è la premessa per vincere con lealtà? 
Non considerare l’avversario un nemico.
E perché no?
Perché dei nemici si può avere paura, e con la paura si perde. Con gli avversari invece si parla, si discute, si cerca di comprenderne le intenzioni. Per poi batterli anche con durezza. 
La pensava così anche quando era comunista?
Certo. È un’attitudine che ho imparato dal tennis.
Ci spieghi dunque cos’è il tennis.
È scendere da soli in un’arena tra le più difficili e trovarsi di fronte un giocatore come te. Con l’esperienza impari che per vincere l’altro, lo devi innanzitutto capire. 
Lei non sta parlando di tennis, ma di politica.
Non ci sono grandi differenze.
La sua partecipazione a un incontro organizzato da Casa Pound, il centro sociale dei “fascisti del terzo millennio”, non fu considerata una partita a tennis. 
Sono andata una volta – sottolineo: una sola volta -  a spiegare agli omofobi cosa fosse l’omosessualità. Ti sembra poco? Sia chiaro: tutto mi divide da quelli di Casa Pound, tutto. Ma io non ho paura di competere con nessuno. Ho fatto tornei, gare, campionati di qualunque tipo di sport. Mai una volta che avessi temuto il mio avversario. In quell’occasione ho solo messo in pratica la mia idea di fondo: per cambiare in meglio il mondo si deve cercare il dialogo  con tutti.
A seguito di quell’evento, lei è stata contestata spesso e volentieri. Anche in occasione dei festeggiamenti di questo giornale, quando un gruppo di ragazzi l’ha circondata ammonendola con la più rivoluzionaria delle questioni: «Ahò, ma come te vesti?». Eppure grida sartoriali, così grottesche, raccontano più di una semplice offesa.
Considerando poi che io non è che mi vesta chissà in quale maniera…
«Rossetto e foulard dispositivi borghesi». 
La bellezza io la ritrovo nell’armonia. Nelle persone calde. Nella generosità. Ci vuole forza ad essere generosa. Io lo sono troppo. Non mi risparmio. E talvolta questa mia attitudine mi provoca delle ferite pesantissime.
L’arte.
Amo il cinema. Quando ero bambina mio padre mi portava spesso al cinema. L’esperienza più forte è stata vedere Shining di Stanley Kubrick da sola. Ero adolescente. Mio padre amava moltissimo il cinema e quindi capiva questa mia passione. Parlava raccomandava alle maschere e poi lo ritrovavo all’uscita. Mi ricordo che nella sala si fumava. Però non mi è mai successo che qualcuno si avvicinasse per provarci.
Jack Nicholson che minaccia di prendere ad accettate la moglie è un buon deterrente. Chi è suo padre? 
È stato impiegato dell’Ente per lo sviluppo agricolo. È una persona chiusa, di poche parole. Lui e mia madre sono stati importanti attivisti di Azione cattolica.
Importanti quanto?
Loro furono quelli che al referendum repubblica/monarchia insegnarono ai contadini della Marsica a votare. E io sono cresciuta avendo sempre a mente l’idea dell’impegno.
Frequentavate molti preti?
Macché. I miei erano ferocemente anticlericali.
E lei non ebbe sacerdoti di riferimento?
Ci fu quello che mi catechizzò a 13 anni tra le montagne. Un’esperienza positiva. E poi la suora filippina.
La suora filippina?
Io ho fatto le elementari in una scuola religiosa. E mi innamorai di lei. Era bellissima, dolcissima, giovane. Credo avesse 20 anni. Avrei dovuto capire in quel momento che…
Che?
Che mi piacevano le donne.
Poi?
Poi la mandarono via e arrivò la madre superiora. Vecchia e cattiva. 
Oltre a educare i contadini della Marsica?
Mio padre era stato formatore politico dei giovani cattolici.
Nomi noti?
Gianni Letta.
E cosa diceva di quel giovane? Che era un tipo brillante?
Cautamente brillante. Sicuramente uno che si distingueva.
E perché lei è diventata comunista?
L’ho scoperto dai boyscout. 
Sovversivi vestiti da bambini.
Lì siamo tutti diventati comunisti. Non chiedermi perché. Ma nel partito sono entrata nell’81, ai tempi dell’università all’Aquila. Ci ho vissuto 12 anni in quella città. Mi ci sono anche sposata.
Cosa facevate durante le riunioni in sezione?
Discutevamo.
Approdavate anche a qualcosa?
Io facevo l’insegnante di tennis. Arrivavo in queste sezioni, dopo 12 ore di lavoro (ero un’operaia), e mi sorbivo queste riunioni lunghissime. Erano gli ultimi anni del partito. Si girava a vuoto.
Come faceva a resistere?
Perché ero una donna libera e autonoma. E questo lo dovevo alla mia seconda scuola politica: il femminismo. La mia maestra è stata Franca Chiaromonte.
Comunismo e femminismo. Amore e d’accordo?
Non sempre. Ma la capacità di guardare oltre pur stando dentro il partito me l’ha dato il movimento delle donne. Era una grande libertà.
Le altre compagne del Pci?
Penso a quelle della Casa delle donne, a Livia Turco. Sentivo che c’era una fatica ad essere emancipate e coraggiose. Il partito veniva prima. Sempre e comunque. Io ho condiviso la lealtà, ma senza perdere la mia testa. Ancora oggi, quando ci si confronta ai vertici, come nell’ultima vicenda Bersani-Veltroni, vengo considerata un’outsider.
La diarchia…
…deve finire.
E poi?
Finalmente si libereranno energie positive. Come accade altrove.
Dove?
Tra quelli di Futuro e Libertà, per esempio. Loro stanno cercando di ricostruire ciò che noi abbiamo colpevolmente perso: il senso di comunità. Noi non siamo più in grado.
Colpe?
Non solo delle gerarchie. Un po’ di tutti. Come dice Alfredo Reichlin, non siamo riusciti a ricostruire un’altra storia.
Cosa rende la sinistra così in ritardo?
Siamo un popolo smarrito per un motivo su tutti: siamo pigri. Non abbiamo voglia di indagare nuove forme, nuove categorie. È troppo facile dare risposte ai problemi con schemi dei passato, schemi già collaudati. Cosa producono i social network, che tipo di relazioni? E cosa sedimenta la televisione popolare? Noi di sinistra continuiamo a schifare le trasmissioni nazionalpopolari. Io sono tra i pochissimi ad andarci…
Perché ci va?
Perché voglio comunicare a tutti, e le trasmissioni a cui partecipo sono guardate da tutti. Desidero portare messaggi positivi a un pubblico altrimenti distante.
Ci riesce?
Hai voglia. Lo vedo quando cammino per strada. Mi vengono incontro con un affetto pazzesco. I miei “fan”sono per lo più donne di mezza età. «Siamo dalla tua parte – dicono - continua la tua battaglia». 
Mi parla di sua madre?
Io sono stata scelta da lei. Lei ha riposto in me tutte le sue ambizioni. Si è sposata tardi. Era una donna che conservava una grande libertà. Ha sempre sostenuto tutto ciò che facevo. Aveva fatto la quinta elementare, ma era molto intelligente. Il rapporto con mio padre è stato più faticoso. C’è stata una sorta di gelosia in lui. Come se mi considerasse un’intrusa, un’antagonista al loro rapporto. Vedi, io con mia madre io avevo un rapporto molto fisico. Lei è stata quella che mi ha insegnato l’amore tra due donne. Mi ha fatto capire che un altro amore era possibile. 
Omosessuali si diventa?
Certo! L’amore omosessuale può venire, tornare. È questo che spaventa di più. Ha a che fare con il desiderio. Non puoi sceglierlo.
Non è facile farsi scegliere dal desiderio.
Io lo so bene. Mi sono anche sposata. Prima di unirmi in matrimonio con il mio ex marito avevo avuto una grande storia d’amore con una donna. Una storia finita malamente. Fu una cosa molto faticosa.
Perché?
Il peggior ostacolo alla felicità è l’omofobia interiorizzata. Aver paura di quello che sei.
Chi era suo marito?
Un mio alunno ai corsi di tennis. 
Rapporti attuali?
Ci sentiamo, ma non ci vediamo.
Quando ha capito che doveva vivere la sua omosessualità?
Era la fine dell’89, ero stata 6 mesi qui a Roma a seguire i corsi educazione fisica. Tornai a casa il 12 agosto – lo ricordo ancora. Avevo indosso il gonnellino da tennis. Mi sedetti sul divano e gli dissi di volermi separare. 
Quanti anni aveva?
Ventisei anni, e sapevo lucidamente che lo facevo perché ero lesbica. Ero angosciata di stare di fronte al bivio. Lì cominciò un’altra fase della mia vita.
Come reagì sua madre?
Lei si ammalò quando avevo 16 anni. E morì pochi anni dopo. Uno dei miei più grandi rammarichi è stato quello di non averle detto della mia omosessualità. Un po’ lo devo anche a lei. E poi mi dispiace che non mi abbia visto entrare in Parlamento. Ogni tanto, quando sono seduta in Aula, questo pensiero mi attraversa. Penso a lei, a noi…
Come si chiamava?
Maria Luisa.
Venendo all’oggi, si sposa?
La madre di Ricarda, la mia compagna, ha ancora problemi di salute. Aspettiamo che guarisca.
Fatta la cerimonia dove andrete in luna di miele?
O Cina, o India, o Australia.
Lontano.
Abbiamo voglia di perderci un po’.
Cosa pensa dell’invito all'outing che il rapper Fabri Fibra ha rivolto agli artisti gay?
L’outing è quando altri dicono di te. Tu intendi il coming out. 
Sì.
Quando viene fatto da un artista riconosciuto è un segnale importante. Aiuta ad accettare l’omosessualità. Come all’inverso nasconderlo comunica l’idea che sia una cosa, appunto, di cui vergognarsi. Però i coming out devono essere esperienze serene, altrimenti peggiorano le cose. 
A chi pensa?
A Pecoraro Scanio e Capezzone, per esempio. Loro hanno sempre risposto di essere bisessuali. Ma cosa significa? O sei gay o non lo sei. Buttarla in caciara non aiuta.
I genitori potrebbero prendersela a male.
Vero. Il coming out è un’esperienza dirompente per chi lo fa e per chi gli sta intorno. C’è un bellissimo film prodotto dalle famiglie arcobaleno intitolato “Due volte genitori”. Un genitore si deve reinventare… Deve ripartire da zero.
La destra è omofoba?
Lo è per definizione. Se devi dire una cosa di destra, una volta su due dirai una cosa contro gli omosessuali.
Il centro sinistra è omofobo?
Molto. Parecchi politici democratici usano la questione omosessuale come strumento di propaganda. E una volta fatta la scena, lì finiscono.
La sinistra radicale è omofoba?
Ho conosciuto personalmente famiglie di comunisti allontanare figli omosessuali.
Alleggeriamo. Carla Bruni le piace?
È un po’ ondivaga. Fa un po’ di propaganda. È come la sinistra italiana.
Angela Merkel?
È l’antipropaganda. Concreta. Un suo poster campeggia nel mio ufficio. Lei è la ragazza dell’Est che ha cambiato l’immaginario delle donne in Germania.
Emma Marcegaglia?
Mi piace. È una donna rigorosa. Non sempre fa cose giuste. 
Il prossimo segretario della Cgil sarà una donna, Susanna Camusso. Piano piano…
Ben vengano. I modelli sono importanti. Sono d’accordo con Hillary Clinton…
Su cosa?
Quando a Denver rinunciò alla candidatura e dichiarò l’appoggio a Obama disse «noi donne abbiamo raggiunto un grande obiettivo. Da domani ogni bambina potrà dire alla propria madre: da grande sarò la presidente». Noi abbiamo Berlusconi.
Attrice italiana preferita?
Maya Sansa.
La più bella?
Maya Sansa.
Seconda?
Margherita Buy?
Terza?
Francesca Neri
Quarta?
Isabella Ferrari, è una donna molto intelligente.
Chi avrebbe voluto essere?
Martina Navratilova.
E poi?
Steffi Graf. Bellezza, grazia e forza in un sol corpo.
Una che proprio non le va giù?
Valeria Marini. Corrisponde a un modello femminile che non amo. 
Seconda?
Simona Ventura. Ostenta troppo. Sai che anche lei è un’insegnante di educazione fisica?
Crede in Dio?
No. Ma invidio chi crede in modo aperto.
E nei momenti di maggiore angoscia?
Mi appello alla grande voglia di vivere. Magari piango tutta la notte, ma poi il giorno dopo mi alzo e mi faccio coinvolgere da nuove iniziative. Non mi arrendo, a prescindere. 
Tenacissima. È anche ambiziosa?
Certo che sono ambiziosa, vorrei diventare presidente del consiglio.
Legittimo.
Penso di avere tutte le carte in regola. Non è un’ossessione, ma penso di poterlo fare. 
Dov’è il fascismo oggi?
Nella Lega. Alimenta la stratificazione sociale. Esclude, è razzista. È un partito che cerca di entrare nei gangli del potere in modo pesante. Alimenta le paure. È xenofobo. Ricarda mi rimprovera: voi non potete capire cosa voglia dire portarsi sulle spalle le colpe di quelli che sono venuti prima di te. Io ho trovato il libro di Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, fantastico: noi siamo passati dall’essere socialisti, fascisti, comunisti senza colpo ferire. Noi abbiamo sempre e solo rimosso. 
E dov’è l’antifascismo che più le piace?
Quello costituente che ti porta a dire che tutto ciò che è illiberale va combattuto. Io lo pratico cercando di essere – diciamo - una liberale radicale. Debbo dire con serenità che non condivido alcuni metodi di lotta politica. Sono antifascista quando contesto la scelta di lanciare un petardo in faccia a Bonanni, per esempio? Per me sì.
Cosa non apprezza in Nichi Vendola?
A me piace molto Nichi, e non lo dico per froceria.
Però?
Non vedo in lui ancora la voglia di costruire una sinistra liberale. Non tanto per suoi limiti. Penso che l’ostacolo siano gli ambienti che lo circondano. Lo tengono incastrato.
Un futuro con Anna Paola Concia premier e Nichi Vendola vice…
Non farti illusioni. È impossibile. È impossibile?

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