giovedì 15 marzo 2012

La sigaretta rende le persone migliori
(La versione di Marcenaro)

Ho una mia teoria, sul perché “fumare” urti tanto gli altri: non è per l’odore, la coltre, la nicotina che nuoce o la gestualità un po’ di maniera, che il tabagista gode di pessima nomea. Ciò che taglia il mondo più delle ideologie sta nella relazione intima tra il fumare e il respirare. Le sigarette danno forma e sostanza al respiro, così impalpabile e vitale, conferendogli la capacità di avvolgere i corpi altrui. È il test di misantropia più fedele che si possa esperire: o si amano gli altri o si odiano i tabagisti. Non ci sono vie di mezzo. Mi pare di capire che Andrea Marcenaro sia, magari partendo da altre premesse, d’accordo con questa lettura. Marcenaro è l’autore di quella perla quotidiana, “Andrea’s Version”, con cui Il Foglio invita alla lettura. E confida un incidente di percorso che i maschi fumatori più avvezzi hanno provato tante volte: «Stamattina mi sono acceso la prima mentre stavo in bagno. Buttando la cicca nella tazza mi sono bruciato una palla. Stretto nel dolore come Fantozzi mi sono fiondato sul bidet e ho aperto il rubinetto che credevo amico, investendo la palla di acqua rovente».

Sabrina e la parodia reale

Eppure in sonno m'è venuto il sospetto: e se "Un due tre stella" fosse stata una straordinaria parodia? L'arena informal-borghese dello studio – ho pensato – le luci smorzate, Sabina sempre in piedi con abuso di inquadrature "all'americana", gli interlocutori stravaccati e a gambe tese, quel generale senso di caciara controllata delle assemblee di sezione (o di condominio), il rimpallo costante di vocaboli come "crisi", "debito", "marchionne", i giovani brillanti-a-cui-tarpano-le-ali. Cos'altro se non una gustosa parodia de L'Infedele di Lerner?

Carmelo Bene, la televisione e l'amore per il pubblico

La tensione intellettuale con cui Nostra signora del teatro teneva agganciati noi, popolo televisivo, ai suoi Uno contro tutti, felice invenzione di Maurizio Costanzo in Parioli, fu ribaltata una sola volta. Da Roberto D'Agostino. Dacché Carmelo Bene aveva ripetuto a più riprese: «Io non esisto», Dagospia, uno dei tutti, azzardò: «Ma se lei non esiste, perché si tinge i capelli?». Ridemmo in tanti, e non solo per aver beccato il potente (di verbo e intelletto) in fallo. Cedendo alla provocazione inattesa, l'artista salentino smise per un istante di considerare se stesso come il solo pubblico accreditato. Con sorriso cortese e pupille tremanti, Bene tradì la consueta distanza con cui firmava le sue rare e popolarissime incursioni televisive, e confermò la regola di non essere «mai in diretta», come scriverà Enrico Ghezzi, «che è il senso più forte di tutto il suo lavoro».

mercoledì 7 marzo 2012

L'ira funesta del manager nichilista

Dice Corrado Augias: «Marchionne non mi piace perché è ambiguo». Dunque cos'è l'ambiguità? Nella linguistica viene definita polisemia, pluralità di significati. Io intendo una cosa, tu la interpreti diversamente. Ambiguo è ciò che duplice, equivocabile, tortuoso. Ambigua era la lingua di Mallarmé, di Apollinaire, di Joyce. L'uso di parole composte e artificiali per rovesciare la realtà ed esibire il vero. Tutto si può dire su capitan Sergio ma, se paragonato all'iconografia tradizionale e artefatta degli uomini che hanno fatto l'impresa, sorriso ampio e cinturino sovrimpresso, la presunta ambiguità dell'italo canadese qui si fa virtù. Marchionne, evocando mistero e non detto, se seguito con attenzione, potrebbe condurci a evidenze più solide di quelle propagandate dal lessico neo-calvinista che domina la sua legislatura. Procediamo con ordine.

Ave, Maria

Dopo aver brindato alla vittoria della “sua” Emma, Maria De Filippi ha prontamente annunciato di voler realizzare un «sanremino» sulle reti del biscione. Quell'-ino sa un po' di rivincita e un po' di presa per il culo. Ma lei può, e non solo perché da anni fornisce ai due poli gli ingredienti migliori da cui cavare numeri e denari, ma perché la forza di questa signora nata a Milano 51 anni fa, laureata in giurisprudenza, con un marito che è ormai "il marito della De Filippi" (Costanzo lo conobbe nell'89, pensate,  durante un convegno contro la pirateria), piacente e austera, erre moscia e voce graffiata e mentina in bocca come fosse un intercalare, occhiali e tacco dodici e nulla a che vedere con le euforiche nevrosi delle sue colleghe, la forza di Maria, dicevamo, sta nel fatto che lei, negli anni, ha prodotto ben più che format di successo, ma, semmai, un grandioso, adorabile, detestabile racconto collettivo. Così andrebbero considerate le sue creature, Amici, Uomini e donne e C'è posta per te: come una saga, una guerra stellare del quotidiano, una trilogia of life.