venerdì 29 ottobre 2010

Linciando Melissa

Comunica l’intenzione di scrivere un nuovo libro – operazione tra le più consuete, oggigiorno – e al cielo s’alza un coro di latrati. Esce l’agenzia di lancio, e scocca l’ora delle préfiche, cupe e lagnanti. Rilascia interviste, e tutti in fila a divorare e sputare le sue risposte. Una volta pubblicata, l’opera viene sezionata come un rospo putrido, da esporre tra gli schifi della natura. Questo è il trattamento riservato da buona parte del circolopìquic a Melissa P(anarello), autrice di Tre (Einaudi, pp. 172, 16 euro), già best seller con i Cento colpi di spazzola (tradotto in 42 lingue, tre milioni di copie vendute – «merito del marketing», dice qualche genio con un manoscritto in tasca), e appestata numero uno dei cataloghi letterari italiani. Il termine più appropriato per definire tale operazione è: linciaggio. Che nulla ha a che fare con lo stile, la fantasia, la prosa, la poetica, l’immaginazione che nel libro si possono eventualmente scorgere. L’indignazione che muove tanta parte dei lettori professionisti è pre-letteraria. Non si curano del peccato. Ciò che interessa è la peccatrice. La donna col volto da ragazzina che viene dall’Etna, che scrive (anche) di sesso, che fa sesso, che lo racconta in tivvù, lassù, quaggiù e vende di più. Tiè.

Il "destino" di Paul: salvare John


Paul racconta: «Decidemmo praticamente da subito che le canzoni dovevano essere di Lennon e McCartney perché ci ispiravamo a Rodgers e Hammerstein, gli unici due autori che conoscevamo insieme a Lerner e Loewe. Per noi questi nomi erano diventati sinonimi di composizione, perciò volevamo che i nomi fossero due. Io avrei preferito “McCartney/Lennon” ma John aveva una personalità più forte e credo che si fosse già messo d’accordo con Brian (Epstein) prima che io arrivassi. John era fatto così. Non che sia sbagliato ma io ero decisamente meno astuto. Aveva un anno e mezzo più di me ed evidentemente sapeva come girava il mondo. Ricordo che durante una riunione mi dissero: “Pensiamo che le canzoni debbano essere attribuite a Lennon/McCartney”. Io risposi: “Scusate, perché prima Lennon? Non è meglio McCartney/Lennon?”. Ma erano tutti d’accordo: “Lennon/ McCartney suona meglio”. “Anche McCartney/Lennon suona bene”, replicai. Ma alla fine dovetti cedere: “Oh, basta, andate a fanculo!”. Però poi ci mettemmo d’accordo, e tutti i pezzi dell’album Please please me vennero siglati McCartney/Lennon». Durò poco.

giovedì 7 ottobre 2010

Diritto, rovescio, sotto rete. Ecco Anna Paola Concia

L’appuntamento è alle 19 in piazza Montecitorio. Meno cinque, quattro, tre, due, uno. La deputata che vien da Avezzano conquista la linea del traguardo spaccando il secondo. Una veloce ricognizione dello spazio circostante per individuare il cronista, e salutarlo con una tenuta fisica che consenta di compiere il gesto senza: 1. interrompere la telefonata, 2. far cadere la risma di documenti, 3. perdere il borsone sulla spalla. Comincia a piovere. Con due salti dorsali e un rapido allungo guadagna l’entrata del palazzo. Piroetta tra i tornelli e con movimento ciclico raggiunge il bancomat degli onorevoli. Ruotando di 180 gradi l’asse coxo-femorale digita il pin senza dare le spalle a chi le parla. Quattro falcate verso l’uscita. Con un’escursione articolare oltre il possibile, verifica l’atmosfera. Non piove più. Potenzia la rullata plantare fino ad avviare uno stacco che la condurrà dopo meno di 11 secondi al tavolo in fòrmica di un happy hour. Qui plana e ordina: «Per me uno spritz, grazie».